(F. Mariani) – Michele Civita non doveva essere arrestato. È quanto stabilito dal Riesame che ha accolto l’istanza presentata dai legali dell’ex assessore Pd, Luca Petrucci e Maurizio Frasacco, contro l’ordinanza di custodia cautelare con la quale era finito ai domiciliari lo scorso 13 giugno. La misura era già stata modificata nei giorni scorsi dalla gip Maria Paola Tomaselli che aveva sottoposto Civita al solo obbligo di firma. Il consigliere del Lazio è indagato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma. «Siamo assolutamente convinti che nella condotta di Civita non ci sia nulla di penalmente rilevante – sottolineano i legali – il Riesame, con la sua pronuncia ha significativamente ridimensionato la portata di un episodio che non ha inciso in alcun modo sulla correttezza istituzionale di Civita».
I giudici si sono espressi anche sulla posizione del vicepresidente del Consiglio regionale, Adriano Palozzi, di FI, anche lui accusato di corruzione, che resterà invece ai domiciliari. La differenza tra le posizioni dei due politici era emersa anche dalla ricostruzione del rapporto che aveva con entrambi che aveva fatto davanti ai pm l’imprenditore Luca Parnasi. Secondo il costruttore, detenuto a Rebibbia, era ben diverso l’atteggiamento dei due. «Nell’ultima campagna – diceva la scorsa settimana Parnasi, durante l’interrogatorio durato oltre 11 ore davanti ai magistrati – Palozzi mi chiamava continuamente chiedendomi un contributo e abbiamo concordato il contratto con la Pixie, al fine di giustificare la dazione della somma di denaro». Parnasi aggiungeva che non aveva «alcun interesse alle funzioni di Palozzi» e che i 25mila euro erogati per la consulenza (dai quali deriva l’accusa di corruzione) avevano «il solo scopo di evitare di avere problemi con lui che continuava a richiedermi dette somme». Diverso il rapporto con il consigliere Pd: «Lo conosco da circa 20 anni ed è una persona che stimo molto. Ha sempre fatto gli interessi dell’amministrazione – spiegava – La conferenza di servizi era già stata chiusa e già c’erano state le elezioni quando con estremo imbarazzo mi ha chiesto di trovare un lavoro per suo figlio».
Secondo la procura, il gruppo Parnasi avrebbe tentato di «oliare» i vari passaggi dell’approvazione del piano mettendo in atto una corruzione che il gip Maria Paola Tomaselli definisce«sistemica». Per arrivare all’approvazione del progetto dello stadio, si sarebbe servito tra gli altri dell’avvocato, ex presidente di Acea, Luca Lanzalone, finito ai domiciliari con l’accusa di corruzione, che per la giunta Raggi seguiva la trattativa sulla modifica del piano e che in cambio dell’aiuto fornito avrebbe ricevuto incarichi e consulenze del valore di 100mila euro. In carcere, oltre a Parnasi, sono finiti cinque suoi stretti collaboratori, uno dei quali, Luca Caporilli, è passato ai domiciliari. Tra i 16 indagati figurano anche il capogruppo M5S in Campidoglio Paolo Ferrara, autosospesosi dal Movimento a seguito dell’inchiesta, e l’ex assessore e oggi consigliere comunale di FI Davide Bordoni.
Fonte: il tempo