La magia di Dzeko, l’impatto devastante di Kluivert, la sicurezza di Manolasma anche la giornata-no di Pastore. Torino-Roma ha regalato sorrisi ma anche motivi di riflessione. In primis sull’argentino. A fine gara Di Francesco, con poche parole, centra il problema dell’argentino nel match: qualità e continuità.
Due caratteristiche che Pastore, come scrive Stefano Carina su Il Messaggero,nell’ultimo biennio altalenante a Parigi, ha smarrito ma che può/deve ritrovare, visto che appartengono al suo bagaglio tecnico, tanto da indurre Monchi quest’estate a preferirlo a Zyiech.
Eusebio martedì lo ha preso da parte e ci ha parlato. Contro i granata Pastore ha prodotto poco gioco. E sul suo conto ci sono un paio di voci che fanno riflettere: dei 10 duelli avuti in partita, l’argentino ne ha persi 9. E poi: appena due palloni recuperati e 14 persi. Obiezione lecita: quello non è il suo compito in campo. Vero. Andiamo allora ad analizzare il dato dei palloni giocati: sono stati appena 42, con 33 passaggi effettuati. Pochi, troppo pochi per un calciatore della sua straordinaria qualità. Per intenderci: Florenzi ne ha giocati 101, Fazio 63, De Rossi 71, Strootman 52, anche Manolas venti in più (61).
Sono intanto bastati 90 minuti per aprire dibattiti tattici: non può fare la mezzala, meglio nel 4-2-3-1, perfetto nel 4-3-1-2, perché non schierarlo stabilmente alto nel tridente. Opinioni rispettabili ma bisogna prendere atto che Di Francesco la pensa diversamente. Di partenza la Roma gioca con il 4-3-3, poi mutabile a gara in corso o a seconda degli avversari. Dunque, Pastore deve trovare spazio nel 4-3-3. Ci vorrà pazienza, anche perché la Roma dall’addio di Pjanic non era più abituata ad avere un calciatore di quel tipo in mediana.