Alla vigilia della sfida di Champions League contro il Real Madrid, il tecnico della Roma Eusebio Di Francesco ha rilasciato una lunga intervista sulle pagine del quotidiano spagnolo AS. Ecco le sue dichiarazioni:
Poco più di un anno fa su Roma ha vinto il gruppo di Champions davanti a Chelsea e Atletico Madrid. Immaginava all’inizio di poter sfiorare la finale?
È stata un grande cavalcata e siamo arrivati dove siamo arrivati con grande merito. Speriamo di ripeterci.
Con la rimonta contro il Barcellona è stata scritta una pagina storica.
Mi rendo conto di quello che abbiamo fatto ogni giorno, i tifosi me lo ricordano quando mi incontrano per strada. Alla fine della partita ero molto tranquillo.
Non sentiva nessuna sensazione speciale?
Provai una sensazione meravigliosa, ma l’ho vissuta con il mio solito equilibrio, che ho quasi sempre tranne nell’episodio di qualche settimana fa quando mi sono rotto la mano dando un pugno alla panchina.
Come ha motivato i giocatori dopo il 4-1 dell’andata al Camp Nou?
Spiegando che in 90 minuti può succedere di tutto. Tutti credevano che avrei fatto turnover contro la Fiorentina nel match di campionato e mi hanno criticato, ma la rimonta è iniziata da lì. Ho incontrato, qualche tempo dopo, Chiellini e Barzagli che mi hanno detto che noi siamo stati un incentivo per la loro partita contro il Real Madrid e anche loro ci sono andati vicini….
Quando ha deciso di sorprendere Valverde con la difesa a 3?
Oltre ai numeri, sono stati importanti la differenza dell’atteggiamento, la mentalità e l’aggressività in ogni zona del campo. Sapevo che con quel modulo avremmo potuto pressarli meglio.
Aveva avvertito che la sua squadra veniva sottovaluta?
Non leggo i giornali, ma era normale che ci considerassero la squadra “più facile”. La bellezza del calcio è che sa anche sorprendere.
Ha qualche rimpianto sulla semifinale contro il Liverpool?
Se arrivi lì, vuoi la finale. Non ci aiutò qualche decisione arbitrale, ma la mezz’ora nel match d’andata ci ha pregiudicato molto e questa è colpa nostra.
Adesso qual è l’obiettivo in Champions?
Sappiamo che tutti si aspettano una Roma con voglia, con una mentalità offensiva e proseguiamo su questa strada. Vedremo con che risultati.
Quanto è cambiata la Roma?
Abbiamo un anno di lavoro alle spalle insieme, mi aspettavo un miglior avvio in campionato. Dobbiamo cercare la continuità nelle nostre prestazioni.
Non c’è più Alisson…
Sapevamo che avremmo potuto perderlo. Ci sono state offerte irrinunciabili per il club e lui aveva il desiderio di andare via.
I tifosi non hanno preso bene le cessioni di Strootman e Nainggolan.
Anche Kevin voleva un’esperienza nuova, è stata una sua decisione. Per Nainggolan abbiamo fatto differenti considerazioni. Ma voglio guardare avanti.
E’ complicato gestire i nuovi acquisti?
Per un verso sì, ma è stimolante avere giovani interessanti e giocatori esperti.
Quanto può crescere Kluivert?
Molto, diventerà importante per noi. E’ ancora un giocatore istintivo più che razionale, in questo deve migliorare.
Dzeko si è laureto in Management dello Sport, lo stesso Sacchi…
E’ un calciatore moderno, Edin ha tutto. A volte gli dico che si accontenta e quello non deve farlo, perché credo che sia uno degli attaccanti che più ricorda Van Basten. Ora, inoltre, ha ancora più cultura e dovrò essere attento a come parlo (ride, ndr).
Come ha vissuto Totti il suo primo anno da dirigente?
E’ stato un anno di trasformazione, sta capendo a poco a poco quello cosa vuol fare da grande. Averlo intorno è prezioso, è un amico, un appoggio. Ho un gran rapporto con lui.
Avere giocatori come De Rossi e Florenzi, esempi di romanismo, fa la differenza?
Dico sempre che un calciatore o un allenatore deve innamorarsi della squadra nella quale lavora, e loro aiutano a trasmettere quello sentimento di appartenenza.
E’ speciale lavorare con Monchi?
E’ al mio fianco e non davanti a me, come dice lui. Ha una conoscenza del calcio internazionale impressionante e si sta adattando a quello italiano. Qui si cerca più forza fisica e senso tattico, in Spagna più tecnica. La cosa ideale è un mix.
Il Real non ha il direttore sportivo, crede che funzionerebbe questo modello in Italia?
Non credo. Qui gli allenatori stono abituati ad avere un dirigente che si occupa del mercato.
La Champions della Roma inizia contro il Real Madrid, senza Cristiano Ronaldo è una squadra più abbordabile?
Continuano ad essere forti, lo dicono i numeri delle prime giornate. Hanno più qualità col pallone, meno errori, molti leader. Giocatori molto buoni che sono la base della nazionale spagnola.
L’arrivo di Ronaldo come cambia la Serie A?
E’ un valore aggiunto per il nostro campionato, che attira interesse. Per lo scudetto la Juve ha dimostrato di vincerlo senza di lui, non cambia molto. Ma il suo acquisto dà più forza in Europa.
A chi darebbe il Pallone d’oro?
Per la corsa che ha avuto, lo darei a Buffon. Non quest’anno, ma in generale lo meritava uno in carriera. Dopo, Messi continua ad essere un giocatore che cambia la aprtita da solo e vale lo stesso per Cristiano Ronaldo. Al portoghese magari non lo vedi ed improvvisamente è decisivo. E come difendore Sergio Ramos è il top.
E se lo vincesse Modric?
Lo meriterebbe per quanto fatto anche con la Crozia. Sarebbe un giusto riconoscimento per un giocatore di qualità.
Che pensa del passaggio di Lopetegui al Real alla vigilia dell’esordio al Mondiale della Spagna?
Magari i tempi sono stati sbagliati o è mancata chiarezza. Ma non avendolo vissuto non posso dare la mia opinone.
Come è cambiato il Real senza Zidane?
Zidane ha fatto qualcosa di straordinario. Mi piace la sua serenità, il suo equilibrio, mi congratulo per come si è congedato dal Real, con grande eleganza. Era il mio centrocampista favorito, il mio idolo. Anche da allenatore si è dimostrato un grande. Lopetegui cerca di dare più organizzazione, con più aggressività. Prima il Real dava la sensazione di dormire e svegliarsi improvvisamente durante la partita, ora vedo una squadra più costante.
Dopo la vittoria di 3 Champions consecutive, hanno ancora fame di vittorie?
Sì, hanno la mentalità di vincere sempre, come la Juve in Italia. In Spagna ci sono due o tre squadre così, il Barça, l’Atletico con Simeone. Hanno il desiderio di aggrapparsi ad ogni trofeo, ad ogni partita. Mi piace.
In Italia non c’è questa mentalità?
Stiamo provando a trovarla. Negli ultimi anni solo la Juve l’ha avuta, ma ultimamente squadre come Napoli, Roma, Inter, Milano o Lazio stanno crescendo.
Chi è il favorito a vincere la Champions?
Il Liverpool si rafforzò moltissimo ed essendo stato finalista l’anno scorso è un gran candidato. Anche il City che ha uno dei migliori tecnici del mondo, forse il migliore.
Che giocatore sarebbe perfetto per la sua Roma?
Asensio.
Lo vede come futuro vincitore del Pallone d’oro?
Sì, sono sicuro che vincerà il Pallone di Oro. Mi piacerebbe averlo per la sua età, la qualità che sta mostrando e che io avevo intuito già, la capacità di adattarsi a più situazioni offensive e per il suo talento.
Ha elogiato Sergio Ramos e l’ha affrontato per 80′ nella sua carriera. Ma c’è chi lo critica…
Meno male che lo criticano. Magari ad averlo io….
Di Benzema dicono che gioca più di quanto segna. Le piace?
Se ogni allenatore lo utilizza, significa che ha qualità importanti. Si mette al servizio della squadra, crea spazi per i suoi compagni, è intelligente, capace di giocare per gli altri e segnare gol.
Le ricorda Dzeko in questo?
Sì, anche se con meno forza fisica.
Courtois o Keylor Navas, lei chi metterebbe titolare?
Non è un mio problema, per fortuna. Anche se sarebbe un bel problema….
Sulla panchina della Spagna ora c’è Luis Enrique, che è stato anche alla Roma.
Mi piace molto, qui ha dato qualcosa di nuovo per quanto riguarda la metodologia. Conoscere Roma lo ha aiutato, dopo ha fatto grandi cose nel Barça. A volte bisogna passare per qualche fallimento o per qualcosa che non va come vorresti. Ha carisma, personalità ed idee.
Oltre a Zeman, tra i suoi riferimenti c’è anche Guardiola. Si sente più vicino alla mentalità calcistica spagnola?
Non sono di accordo con la vecchia mentalità italiano ‘difensivista’ che comunque mi ha insegnato molto. Bisogna sapere attaccare e difendersi, facendolo più avanti. Guardiola, in quello, è stato un precursore come Sacchi in Italia, cercando dominare le partite. Sono idee che uno deve avere dentro e cercare di trasmettere.
In Italia si dice che le squadre spagnole difendono male, è vero?
Pensa se difendessero bene… (ride, ndr). Lo fanno in maniera differente, cercano di stare nella metà di campo dell’avversario ed accettano i duelli individuali. Non esiste una verità assoluta, la Francia ha vinto il Mondiale con un calcio che ha qualcosa di più difensivo. Ognuno ha una mentalità, quella spagnola è differente e quella italiana si sta evolvendo. Si sta avvicinando a quella degli altri campionati, dove non c’è la paura di affrontare l’avversario di davanti.
In Italia Ronaldo avrà più difficoltà?
Le sta già avendo, ma la sua forza uscirà. Spero che non sarà contro la Roma, ovviamente (ride, ndr).
Segnerà 50 gol?
Presto per dirlo, ma credo che sarà complicato.
L’Italia può uscire dalla crisi cambiando la filosofia di gioco?
Sì, ma è qualcosa che deve nascere dai settori giovanili senza dubbio. Per fortuna, molti club si stanno già attivando.