(U. Trani) – Il mercato e l’allenatore, mai così distanti durante l’estate, non fanno squadra. Così la Roma è in crisi. Perché non riesce a battere nemmeno il Chievo penalizzato e, dopo il deprimente 2-2 all’Olimpico, ha solo 5 punti in classifica e vede la Juve, a prescindere dalla prima doppietta italiana di Cristiano Ronaldo, già in fuga a +7. Nessun giudizio definitivo, però, dopo appena 4 turni. L’unica sentenza, per ora, viene direttamente dal pubblico. Non dei social, ma dei 40 mila. La Sud e lo stadio fischiano i giocatori. La curva insulta anche Pallotta: i tifosi accusano il presidente per la tripla cessione dei leader Alisson, Nainggolan e Strootman. Di Francesco, intanto, persevera: la confusione tattica incide sul rendimento di vecchi e nuovi. E, come accade in ogni angolo del pianeta, finisce sotto osservazione.
DIGIUNO PREOCCUPANTE – Il paragone sbagliato è quello con la Juve. Bisogna pensare solo alla Roma di oggi che è meno forte di quella di ieri. Costruita male e schierata peggio. La società e il tecnico, dunque. Colpe da dividere. Senza dover, però, scegliere chi ha inciso di più. Insieme sul banco dei responsabili. Ma l’unione, in questo caso, non fa la forza. Basta rileggere la performance contro il Chievo che, rimontando le reti di El Shaarawy e Cristante, ancora non azzera la penalizzazione (-3 per le plusvalenze fittizie), ma ci va vicinissimo: Olsen devia il tiro di Giaccherini a fine recupero. D’Anna resta a -1. Si prende però il 2° punto, nonostante gli 11 gol incassati in 4 gare. I giallorossi, dunque, fanno di nuovo cilecca all’Olimpico, dove non vincono dal 28 aprile. Coincidenza: contro il Chievo. Il lunch match, insomma, è da ricordare solo per il lungo e commovente applauso nel minuto di silenzio per Maria Sensi .
SENZA LOGICA – La Roma, decente per più di un’ora, riscopre la sua fragilità a metà ripresa. Quando Di Francesco fa uscire Florenzi, lucido e pratico, e Pellegrini: dentro Karsdorp, fiacco e svagato, e De Rossi, lento e scontato. Il 4-3-3, riproposto dopo la sbandata di San Siro contro il Milan e senza l’infortunato Pastore, scompare e non si sa perché: ecco il 4-2-3-1, con Cristante trequartista. Fin lì il sistema di gioco, equilibrato e ordinato, non lascia chance al Chievo. Anzì, è efficace.
CENTROCAMPO PENALIZZATO – Nzonzi, in regia, gioca semplice nel fraseggio e di potenza nell’interdizione. Pellegrini è un po’ frenetico. Più continuo Cristante. Gli scudieri del play, comunque, sanno come comportarsi. El Shaarawy, gol a parte, è il migliore del tridente. Lui a sinistra in alto, come Florenzi a destra in basso. Assist e vantaggio. Non casuale. Dzeko va meglio da rifinitore: suo l’appoggio, dopo controllo acrobatico su invito di Under, per il raddoppio di Cristante. La rete di Birsa, conclusione a giro da fuori. non rovina il piano di Di Francesco: la Roma non sbanda. Almeno fino a quelle sostituzioni. Efficaci, invece, quelle di D’Anna: dal 4-3-2-1 al 4-3-3 per arrivare al 2-2 e il 5-3-2 per difenderlo. Di Francesco giustifica la modifica. Obiettivo: pressing più alto. C’è chi sostiene che abbia provato la formazione per Madrid. Meglio augurarsi che non sia vero. Vulnerabile in mezzo al campo, 2 giocatori sono meno di 3, e sulla fascia destra, dove Karsdorp perde sempre la posizione. Sul pari di Stepinski, lasciando la fascia a Leris, costringe all’uscita laterale Manolas. Così come il buco di Jesus sbilancia Kolarov. I giallorossi difendono male dall’inizio del torneo, già prese 7 reti: gaffe non solo dei singoli. Le gambe di qualche titolare non girano come dovrebbero. Quando Nzonzi cala, la personalità sparisce. I giovani non sono pronti, i senatori sembrano in ritardo: da Fazio in panchina a Kolarov in campo, Entra Kluivert, il campioncino più atteso, per Under. La staffetta fa cilecca. Il passo indietro è evidente: ultima rimonta subita, partendo dal doppio vantaggio, il 28 agosto 2016, 2-2 a Cagliari e 77 partite fa. Al Chievo riesce dopo 99 gare: 3-3 al Bentegodi proprio contro la Roma, il 6 gennaio 2016.
Fonte: Il messaggero