(S. Carina) – «Il mercato non si può giudicare a settembre». La difesa orgogliosa di Monchi al suo operato estivo è naturale. Ma opinabile. Perché il ds ha ragione quando afferma, ad esempio, che non si può esprimere una valutazione definitiva su un 19enne come Kluivert (o chi per lui) dopo appena 5 gare, dovendo considerare l’età, il cambiamento di squadra, (a volte) di campionato e di vita. Si può però riflettere se la campagna acquisti (tra arrivi e cessioni) portata avanti dal club, abbia messo Di Francesco nelle migliori condizioni per svolgere il proprio lavoro.
IDILLIO MANCATO – Paradossalmente non è in discussione la qualità o meno del singolo acquisto, sul quale ci si può dividere a seconda dei gusti calcistici. Ma se questo è funzionale al tipo di gioco che vuole attuare l’allenatore. Il tecnico abruzzese, nonostante abbia dato dimostrazione di saper cambiare spesso e volentieri pelle, ha come stella polare
il 4-3-3. E per attuare questo modulo, servono più intermedi di corsa e qualità che sappiano aggredire gli spazi e alzare il pressing, andando a intercettare alti il pallone agli avversari. Nell’ultima sessione, la Roma ha ceduto Nainggolan e Strootman (l’olandese a mercato in entrata chiuso) che, con caratteristiche diverse, riuscivano ad adempiere a questi compiti e li ha sostituiti con Pastore e Cristante. Nessuno mette in dubbio il valore dell’argentino e dell’ex Atalanta, rilanciato da Gasperini in una posizione più vicina alla porta avversaria (simil trequartista). Ma si tratta di giocatori con caratteristiche semplicemente diverse. Senza voler tornare alla stroncatura del mercato nel post-gara di Bologna («Rosa sopravvalutata? Guardando i risultati direi di sì»), già qualche giorno prima Di Francesco aveva lasciato intendere come l’idillio sventolato a più riprese dai diretti interessati durante l’estate, sulle scelte di mercato condivise, è stato invece più un dover avallare determinate decisioni piuttosto che determinarle: «Monchi si sta adattando al nostro calcio, anche perché in Spagna si guarda più alla tecnica, da noi più alla forza fisica. L’ideale sarebbe un mix». L’utilizzo del condizionale fotografa la situazione. Sarebbe, quindi non è stato. E l’in-out tra Pastore e Cristante da un lato e il duo Nainggolan-Strootman dall’altro, è lì a testimoniarlo. Tra l’altro, in mediana ora la rosa è corta. Perché se si vuole giocare con il 4-3-3, Pellegrini e Cristante dietro di loro hanno soltanto il baby Zaniolo (nato trequartista, ndc). E non è un caso che quando viene sostituito uno dei due azzurri, la Roma viri sul 4-2-3-1.
MANCANTI – Bypassando il doloroso addio di Alisson, c’è poi l’annosa questione dell’esterno destro di piede mancino richiesto, invano, per due stagioni. Prima la chimera Mahrez, poi il voltafaccia di Malcom al quale non è seguito un giocatore con le sue caratteristiche ma l’acquisto di Nzonzi, un mediano. Preso per alternarsi con De Rossi, ora si proverà di nuovo a farli giocare insieme. In avanti il tecnico si sarebbe accontentato di Berardi che però non ha mai convinto Monchi. Capitolo a parte merita Karsdorp. L’olandese fa fatica. E non solo perché reduce da una doppia operazione. Fatica a integrarsi, ad allenarsi come vuole l’allenatore, a fare in campo ciò che gli viene spiegato in settimana. La doppia esclusione (tribuna a Madrid e out a Bologna) ha fatto deflagrare il caso, celato durante l’estate. Che non sia la Roma di Di Francesco ma piuttosto di Monchi, è ribadito dal fatto che due, dei tre acquisti più onerosi effettuati dal ds in questi due anni, sono un trequartista (Pastore) e una seconda punta (Schick): ruoli non contemplati nel 4-3-3, modulo di riferimento dell’abruzzese. Che ha di certo le sue responsabilità. In primis la condizione atletica della squadra, senza dimenticare alcune scelte alquanto opinabili: la difesa a tre di Milano, Nzonzi mezzala e il debutto di Zaniolo a Madrid, Marcano terzino sinistro a Bologna. Decisioni che hanno portato a sei formazioni diverse in altrettante gare stagionali. Senza mai trovare quella giusta.