Intervista al d.s. romanista Monchi prima della partenza della sua squadra per la sfida al Real Madrid:
A distanza di un anno e con una semifinale di Champions conquistata, può dire di aver trovato questo nuovo Monchi?
Semifinale di Champions e terzo posto in campionato. Si può essere soddisfatti. Sono cresciuto molto a livello professionale, dopo Siviglia avevo bisogno di nuovi stimoli e di una nuova sfida.
Da dove ha iniziato?
Conoscendo il club, la città, l’atmosfera e la filosofia con la quale si lavorava, i meccanismi interni e le ripercussioni mediatiche che ha la squadra sul pubblico.
Da un club passionale all’altro.
Il romanista è di un’incredibile emotività, paragonabile ai sivigliani. Devi tenerne conto quando porti avanti la tua politica, senza però evitare delle scelte impopolari.
Come quelle sulla vendita di Salah o sul ritiro di Totti.
Sono due situazioni differenti. Il ritiro di Francesco era qualcosa che si doveva affrontare. Ci ha messo un po’ a realizzarlo ma alla fine lo ha fatto, adesso è una figura fondamentale nel club. Con Salah non c’era altra scelta, si doveva vendere. Dovevamo fare i conti con il Fair Play finanziario e dovevamo incassare il più possibile per non incorrere in qualche sanzione dalla Uefa. Non abbiamo venduto solo Momo ma anche Ruediger, Mario Rui e Paredes.
Cosa ha portato l’eliminazione del Barcellona?
Autostima e una spinta per un progetto a lungo termine, basato sulla crescita internazionale del marchio Roma. Se si guarda al nostro lavoro sui social si può capire bene, il club ha un profilo davvero moderno. È il modo per competere con Milan, Inter o Juventus. La Roma è l’unica ad aver avuto accesso alla Champions per cinque anni, insieme alla Juventus.
Lo scorso anno avete affrontato Chelsea e Atletico, questa volta il Real Madrid. Come vede i blancos senza Ronaldo?
Non è facile colmare il vuoto lasciato da un calciatore di quel livello, ma nonostante la partenza del portoghese la squadra resta fenomenale.
Che operazione di mercato è stata?
Hanno tenuto i migliori: Isco, Bale, Benzema, Modric, Kross, Sergio Ramos, Marcelo.
Troppo costoso per te?
Ho sempre lavorato con società che acquistavano giocatori a un prezzo adeguato e con margini di crescita.
Per esempio Justin Kluivert.
Ha 18 anni è sarà molto importante nel calcio europeo del futuro. È ambidestro, può giocare su entrambe le fasce, corre e fa gol. È un investimento. Il mio lavoro si concentra più sui profili che sui nomi. Mi baso sulle necessità tecniche e tattiche dell’allenatore, sia esso Di Francesco, Emery, Juande o Sampaoli.
Di Francesco non sembra il classico allenatore italiano.
Il calcio italiano non è sinonimo di catenaccio, ci sono esempi come Di Francesco, Conte, Allegri. Ho scelto Di Francesco perché rispettava le tre caratteristiche che cerco in un allenatore: prima di tutto conosceva l’ambiente, è stato giocatore nella squadra che ha vinto lo scudetto. La seconda è che è italiano e avere un direttore sportivo straniero poteva bastare. La terza è che si tratta di tecnico capace di far crescere i giocatori, come ha dimostrato in passato. Lo ha fatto e in estate gli abbiamo rinnovato il contratto per un altro anno.
Fonte: El Mundo