Ha creduto talmente tanto nei suoi giocatori, che Di Francesco quando ha comunicato ai team manager (dopo la partita col Frosinone) che il ritiro era terminato, quasi ci è rimasto male. Sono bastati tre giorni insieme per capire che no, la sua avventura non era ai titoli di coda. I suoi più cari amici – scrive Chiara Zucchelli su “La Gazzetta dello Sport” – gli avevano consigliato di dimettersi, ma lui non ci ha pensato neanche un secondo. La squadra ha assorbito la sua determinazione e i pranzi e le cene insieme – così come i colloqui individuali – sono serviti a ricompattarsi. Ha usato il bastone e la carota, chiedendo massimo rispetto negli orari, consigliando di limitare l’uso dei social network anche per evitare di leggere le critiche.
Ha mantenuto il rapporto con Dzeko, rinsaldato quello con Kolarov e affiancato a De Rossi un altro campione del mondo come Nzonzi. Ha spostato Pellegrinitrequartista, ricordandogli oltre ai compiti tattici che deve anche divertirsi. Il 4-2-3-1 è il simbolo di una metamorfosi tattica ma anche mentale: attacchiamo, giochiamo, andiamoci a prendere avversari e partite. La squadra ha recepito il messaggio e si è rimessa in carreggiata.