LA REPUBBLICA – L’AMACA (M. SERRA) – Ma il terzino sinistro della Roma, il serbo Aleksandar Kolarov, è della Casta? È al soldo di Soros? Disprezza il popolo? È al servizio dei poteri forti? E un radical chic? A vederlo, non sembra. Ha una di quelle facce non proprio da salotto, poco cerimoniose, e i modi antichi di quando i terzini non si chiamavano ancora “laterali” o “tornanti“, che è assai più civettuolo, e menavano come maniscalchi gli attaccanti avversari. E dunque chissà come la inquadreranno, i tifosi della Roma e i tifosi in generale, la sua ruvida tirata dell’altro giorno. Mentre il suo allenatore Di Francesco lo guardava preoccupato, ha detto Kolarov che «i tifosi non capiscono niente di calcio, hanno il diritto di applaudire e di fischiare ma quando parlano di tattica parlano di niente. Io amo il tennis ma non mi permetterei mai di dire a Djokovic come deve giocare solo perché è serbo come me». Sembra Burioni quando parla dei no-vax; sembra Umberto Eco quando parlava dei social; sembra un qualunque essere umano dotato di qualche competenza che difende il il proprio ruolo e le proprie responsabilità dalla demagogia impicciona e dalle opinioni non richieste. «I tifosi non capiscono niente di calcio», qui e ora, è una dichiarazione politica in piena regola, e in controtendenza. Tra l’altro, leva ogni alibi al leader (o al mister) di turno: se sbaglia, è proprio lui che sbaglia, e non può dare la colpa alla folla che lo ha confuso, alle «voci di fuori» che sono la vera insidia della nostra epoca.