(T. Damascelli) – Basta un attimo dagli applausi ai fischi, dalla hall of fame allahall of shame. La Roma promossa in Champions non piace a nessuno, non piace a Di Francesco, non può piacere a Monchi, non piace ai tifosi. Non si può dire che cosa ne pensi James Pallotta che ha un rapporto strano con il calcio, quello italiano poi… Fa il presidente ma avendo investito quattrini, pensando di ricavarne altri. Non ha senso di fedeltà alla squadra, alla società, alla città, al popolo giallorosso, vive a Boston e la Roma galleggia nell’incertezza, tra un passato comunque di gloria e un futuro non meglio definito. I bersagli di queste ore, anzi di questi mesi, sono principalmente due: Monchi e Di Francesco, la strana coppia che ha allestito la squadra con una campagna acquisti, anzi cessioni, che ha creato problemi mille dai quali sembra che il tecnico non riesca a uscire. La partenza di Strootman è stato il segnale che qualcosa stesse accadendo, l’olandese ha preferito emigrare a Marsiglia da Rudi Garcia piuttosto che ballare tra panchina e campo con l’arrivo di N’Zonzi e quello di Cristante. L’investimento sui giovani, Kluivert per ultimo, può avere una ragione se inserito in un gruppo solido che invece ha smarrito i suoi punti di riferimento, tecnici e di personalità.
Le responsabilità di Monchi sono evidenti, la difficoltà di Di Francesco ad accettare e assorbire figure non meglio definite tatticamente, Pastore fra questi, ha aggiunto gas velenoso in un ambiente che salta dall’euforia alla depressione. La società non ha il peso per imporre una linea retta, il gruppo è sano ma acerbo, resta da definire il ruolo effettivo di Baldini che non è a bilancio nella Roma ma ha rapporto professionale e contabile con la società americana. Già questo è un elemento di ambiguità che non aiuta, certamente, ad affrontare i problemi. Quando Pallotta parla è perché Baldini gli ha riferito e suggerito. Delle due l’una: o Pallotta vende la Roma o si deve rendere conto che non può continuare a dirigere un club di calcio, anche quotato in borsa, con le continue voci di dentro e di fuori che si porta appresso quotidianamente. Lo stesso discorso vale per il suo braccio destro Baldini che ha un eccellente passaporto internazionale ma che non può giocare su due tavoli giallorossi.
La prossima partita contro l’Inter può rappresentare il capolinea per Di Francesco, una terza sconfitta consecutiva avrebbe poche giustificazioni, al di là delle assenze per infortuni (anche in questo caso, la preparazione fisica della squadra lascia perplessi, lo staff di Di Francesco sta dando risultati diversi se non opposti a quello precedente gestito dagli americani). Se parte Di Francescoparte anche Monchi. Resterebbero gli altri con l’urgenza di trovare immediate soluzioni: Paulo Sousa e Donadoni sono figure di margine, servirebbe un uomo di carattere forte. In giro c’è soltanto Antonio Conte e, come De Laurentiis ha fatto con Ancelotti, così dovrebbe fare Pallotta. Ma il bostoniano non è un presidente di football e della Roma e di Roma gli interessa soltanto la costruzione dello stadio.
Fonte: il tempo