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Sarajevo lo cresce, Roma lo conquista: Dzeko artista del gol in stile van Basten

dzeko
(P. Condò) – E adesso che facciamo, Irma? «Adesso corriamo». La ragazza che mi fa da interprete scatta leggera verso il ponte. La seguo per forza d’inerzia, col respiro mozzato dalla paura. «Non c’è nulla da temere, stavolta la tregua tiene. Però noi corriamo lo stesso, okay?». Okay. L’ultima linea di alberi del giardinetto pubblico dista una ventina di metri dal ponte, e quindi ben più di un centinaio dal palazzo dello sport di Skenderija, la nostra meta dall’altra parte della Miljacka, il fiume che attraversa Sarajevo. È il tratto più lungo da percorrere allo scoperto. Nessun problema se il cessate-il-fuoco proclamato dalle parti in conflitto regge […]. Ora che l’accordo di pace è vicino – lo firmeranno a Dayton, in Ohio, un mese dopo: serbi, croati e bosniaci – questi primi giorni di ottobre del 1995sono quasi dolci. […]

Come descrivere quegli occhi…Irma guadagna il portone di Skenderija in un baleno, io la seguo ansimante. «Visto? È tutto tranquillo. Entriamo». Nel grande atrio la luce del pomeriggio filtra dalle vetrate illuminando una scena vuota, nuda e crivellata di proiettili. «Vieni, non si rimane qui». Scendiamo in un sottopassaggio pieno di gente, molti sono in tuta: buio pesto nel corridoio, tanfo di chiuso, sudore e fumo, la luce in fondo pare un miraggio. Sbuchiamo infine in una grande palestra adibita a campo di calcetto. […] Nell’ultima palestra, quella più interna e protetta, sono schierati in attesa i ragazzi della Bubamara. […]

La storia del grande Predrag Pasic, l’ex giocatore bosniaco che anziché fuggire da Sarajevo vi aprì una scuola calcio per alleviare la vita quotidiana dei bambini […]. Quello che ci interessa sapere oggi è che tra i ragazzi che si allenano a Skenderija davanti ai miei occhi, mentre intervisto Pasic, quasi sicuramente c’è Edin Dzeko. La formula dubitativa è necessaria perché Edin, nato e cresciuto a Sarajevo, si allena con il Bubamara per pochi mesi, gli ultimi del 1995 appunto. Nel ‘96, l’anno del ritorno alla vita della città pacificata, il suo talento viene notato dallo Zeljeznicar, il club dei ferrovieri, e da lì parte la scalata. Ma il carattere di Edin si forgia prima, per esempio nel ‘93 quando la madre gli vieta una partita sul campo di Dobrinja – il quartiere dell’aeroporto – e quel pomeriggio una granata colpisce proprio quella festa di ragazzini, uccidendo 13 persone e ferendone 133 secondo il rapporto delle Nazioni Unite. Oggi Dzeko non parla più volentieri della sua infanzia, ma assicura di ricordarsela tutta, lutto per lutto, paura per paura. […]

Quattordici anni dopo, novembre 2009, Dzeko è una pertica che si muove agile sul campo dello stadio di Sarajevo. L’eleganza è innata, ed è quella ad aver colpito Adriano Galliani, il primo a muoversi su di lui quando gioca nel Wolfsburg (ci vince pure una Bundesliga a suon di gol); ma è un Milan in cui Silvio Berlusconi ha iniziato a tirare i remi in barca, e Dzeko è già un investimento superiore alle sue forze. In quei giorni di novembre la Bosnia sogna la grande impresa nello spareggio col Portogallo: chi vince va al Mondiale, l’andata a Lisbona è finita 1-0, ribaltarla nel catino di Zenica non sembra impossibile. Per intervistare Edin chiedo aiuto a Zlatan Muslimovic, vecchio lupo di mare della serie A, e il suo tono deciso («Dzeko, parla col mio amico giornalista!») non ammette repliche. […] Dice che gli piacerebbe giocare nel Milan – consegnandomi un buon titolo – ma sappiamo entrambi che non succederà. Di lì a meno di due anni farà parte dello shopping milionario del Manchester City.

[…] La squadra di Roberto Mancini deve battere il Qpr per essere certa del titolo, ma all’inizio dei 5’ di extratime si trova sotto 1-2 in uno stadio costernato per la chance praticamente sfumata. Proprio Dzeko, entrato a 20 minuti dalla fine, al 92’ devia in rete di testa un corner di David Silva: 2-2, palla rapidamente al centro mentre monta un rinnovato entusiasmo. E al 95’, su assist di Mario Balotelli, Sergio Aguero chiude il match con la rete del 3-2. […] Quella è anche la stagione della vittoria per 6-1 a Old Trafford, prestazione pazzesca se ce n’è una, col miglior Balotelli di sempre […]. A volte sottolineiamo la sua propensione al gioco come se questa implicasse un limite in zona gol. Quel giorno, invece, Edin esegue la sentenza con raro cinismo.

Comunque vada a finire la sua storia con la Roma, Dzeko si è già guadagnato un posto d’onore nella galleria dei suoi grandi attaccanti: basti pensare alla semifinale di Champions della scorsa stagione, secondo miglior risultato di sempre dopo la finale col Liverpool del 1984, quando il centravanti era Roberto Pruzzo. A volte il bosniaco comunica una sensazione di impazienza […], dovuta al fatto che Dzeko sente il tempo agonistico sgocciolargli via – eppure sono soltanto 32 – e vuole vincere ancora: non considera sufficienti un campionato col Wolfsburg e due col City, basta ripensare alla golosità con la quale, la scorsa primavera, è andato all’assalto di Shakhtar, Barcellona e Liverpool, battezzate con un gol a partita (tranne il match in Ucraina). La stessa scelta di rifiutare il trasferimento al Chelsea lo scorso gennaio, al di là della riluttanza familiare a lasciare Roma, si basò su questo calcolo: faccio prima a togliermi qualche grossa soddisfazione qui, e da protagonista, che non a Londra, in un ambiente all’epoca impossibile. […]

Qualche mese fa quello che è considerato il secondo gol più bello della storia – Van Basten alla Russia nella finale di Euro ‘88 – ha “compiuto” 30 anni, e un po’ tutti ci siamo chiesti quale attaccante di oggi possa in qualche modo ricordare la sublime eleganza del cigno di Utrecht. […] Pensate al gol al volo al Chelsea nel girone di Champions dell’anno scorso. Pensate al gol al volo al Torino di quest’anno, all’ultimo minuto. Okay, non ci si riempie la pancia con i gol di Dzeko. Ma gli occhi sì.

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