IL TEMPO (E. MENGHI) – A Plzen nevica sul bagnato. E a Boston Pallotta si fa curare il mal di Roma: “Ero dallo psichiatra, non ho visto la partita”, ironizza il presidente dopo la settima sconfitta stagionale. I tifosi gli scrivono dal settore ospiti: «Go home» e molti a casa ci manderebbero anche Di Francesco, per cambiare qualcosa più che altro. I cori sono soprattutto contro i giocatori, chiamati sotto lo spicchio romanista della Doosan Arena per sorbirsi la contestazione dei 600 presenti, con Manolas capitano di giornata in prima fila. Tutti si aspettavano un segnale che non è arrivato, complice una gara giocata senza motivazioni, sotto la neve e con le solite assenze a pesare tantissimo. La Roma agli ottavi ci va lo stesso, ma in un clima surreale che non può non ricordare quello vissuto da Garcia al suo secondo anno, quando passava i gironi di Champions grazie al pari tra Barcellona e Bayer Leverkusenperché i giallorossi non erano riusciti a battere il Bate Borisov all’Olimpico. Una qualificazione triste, proprio come questa. Con i tifosi imbufaliti, proprio come ieri. E un allenatore sulla graticola, proprio come allora. Era dicembre e la squadra di Garcia dopo aver perso anche con lo Spezia in Coppa Italia si ritrovava in ritiro a Trigoria mentre la dirigenza decideva sul da farsi, poi si scelse di posticipare la rivoluzione, Spalletti arrivò solo a gennaio e la Roma finì seconda in campionato. Adesso siamo in un momento di riflessione, la partita cruciale per Di Francesco non era certo quella di Plzen, lo sarà molto di più quella col Genoa. “Diventa tutto – dice il tecnico – molto delicato, il risultato stavolta aveva meno peso, mi interessava la prestazione, ho visto le cose a metà in tutti i sensi e per me è stata una piccola delusione. Per poter giocare alla Roma tutti dobbiamo dimostrare qualcosa, a partire dall’allenatore. Tutti dobbiamo metterci in discussione”.
Il ritorno dalla Repubblica Ceca ieri notte non è stato dei più tranquilli, mille pensieri frullano nella testa di Di Francesco e dei dirigenti (Monchi e Pallotta hanno appuntamento a Boston lunedì) e durante il viaggio, pullman per Praga, volo e di nuovo pullman per Trigoria, una decisione l’hanno dovuta prendere: restare in ritiro o no. Si andava verso il sì già prima di scendere in campo e per come è andata difficilmente si interromperà la clausura, anche se non ha dato gli effetti sperati. “Non ho avuto le risposte che avrei voluto, queste partite servono per fare anche riflessioni personali”,l’abruzzese ha visto giocatori che avrebbero dovuto dimostrare qualcosa, in primis per amor proprio, sprecare l’ennesima occasione, non parla dei singoli ma lascia intendere molte cose che potrebbero pesare nelle scelte future: “Da determinati calciatori ci aspettiamo una prestazione differente, evidentemente qualcuno non ha la capacità di tirare fuori nei momenti di difficoltà determinate cose e non posso accettarlo. Fare delle valutazioni in base a quello che ho visto in campo e le faremo poi pure sul mercato. Non andiamo a Trigoria a bere le birrette o a fare le corsette, si lavora su determinati concetti. Noi ci siamo fatti trovare scoperti nel secondo gol, abbiamo lavorato su tante cose e non le riusciamo a mettere in pratica. Magari c’è un po’ di timore generale, dobbiamo cercare di ripulirlo in fretta”. Anche perché agli ottavi arrivano le “big”, lunedì prossimo si scoprirà quale tra Borussia Dortmund, Barcellona, PSG, Porto, Bayern Monaco e Manchester City. Prima, però, un Roma-Genoa pesantissimo: “Per domenica sarà importante scegliere le persone giuste“. Chi è disposto a lottare con e per lui.