(S. Carina) – La Roma dei paradossi non finisce di stupire. Trenta punti dopo il girone d’andata e nonostante tutto a – 2 dalla zona Champions. Era da 10 anni che i giallorossi non ottenevano un bottino così magro dopo 19 gare: l’ultima volta accadde con Spalletti nel 2008-09. Ottavo al giro di boa, i tre punti in più ottenuti nel girone di ritorno (33) permisero a Lucio di scalare soltanto un paio di posizioni in classifica e concludere il torneo al sesto posto. Posizione che a Pallotta non basterebbe. La Roma infatti ambisce ad arrivare tra le prime quattro. E considerate le difficoltà palesate in questa prima parte di stagione, i numerosi infortuni (23 muscolari e 9 di origine traumatica), gli stop prolungati di giocatori-chiave (De Rossi 3 mesi, Perotti 2 mesi e mezzo, Pellegrini, Dzeko ed El Shaarawy 1 mese) e l’inevitabile rodaggio per un gruppo rivoluzionato in estate, i presupposti non mancano.
I DUE VOLTI – Quello che sorprende (e va quindi migliorato) rispetto ad un anno fa, è la metamorfosi della squadra in trasferta. Nelle prime 5 partite disputate lontano dall’Olimpico (non considerando quindi Sampdoria-Roma, recuperata a gennaio) della passata stagione, Di Francesco servì l’en-plein (Atalanta, Benevento, Milan, Torino e Fiorentina), rallentando soltanto nelle ultime due uscite (0-0 con il Chievo e 0-1 con la Juventus). Quest’anno invece, i giallorossi fanno maledettamente fatica. L’ultimo successo a Parma, alza un po’ la media che altrimenti sarebbe più deficitaria di quanto già non lo sia: appena 12 punti in 10 gare (1,2 di media). Fortuna vuole che il rendimento casalingo sia migliore: 18 punti in 9 partite (2). Un doppio volto che si evidenzia ancor di più considerando alcuni dati. Quando gioca all’Olimpico, la Roma segna di media 2,67 reti (24): fuori, appena 1 (10). Ma non finisce qui: più tiri in totale (17,9 a 16,4), più conclusioni nello specchio (7,8 a 5,1) e anche una maggiore propensione al dribbling (9,3 a 7,2). Singolare anche il modo di attaccare leggermente diverso tra casa e trasferta: quando è all’Olimpico, la Roma predilige le vie centrali (70%) rispetto alle fasce (30%). In trasferta sale invece la percentuale delle corsie esterne (38,4%) a discapito degli inserimenti in mezzo, con una media di cross maggiore (26 a 21) rispetto alle partite casalinghe. Ulteriore anomalia: lontana da casa, la Roma non ha mai segnato in contropiede (6 le reti su azione manovrata e 4 su calcio piazzato), cosa avvenuta invece nella Capitale per due volte (alle quali si aggiungono 14 reti su manovra, 6 su calcio da fermo e 2 rigori). Chi pensava invece che il passaggio dal 4-3-3 al 4-2-3-1 con calciatori più dediti al palleggio (leggi Nzonzi e Cristante) alzasse la percentuale del possesso-palla, dovrà ricredersi: attualmente è del 55,23% (dietro Inter, Juventus, Napoli, Atalanta e Sassuolo). Lo scorso anno era superiore al 58%, seconda soltanto al Napoli di Sarri (64%).
NO CATTIVERIA – Rispetto ad un anno fa, sembra mancare un po’ di fisicità. La Roma è terzultima nei falli commessi (220, media 11.6 a gara) ed è la squadra che contrasta meno in serie A: appena 13 tackle a gara (247). Con questi numeri, non è da disdegnare la media dei palloni intercettati: sono 11,5 ogni 90 minuti, in linea con la Juventus (11,9). È anche vero che il ritorno di De Rossi e il possibile arretramento di Zaniolo a mezzala – con Pellegrini confermato trequartista – potrebbe correggere in corsa questi dati. Una cosa è certa: nonostante le difficoltà, la Roma dà la sensazione di essere la favorita per arrivare quarta. L’importante sarà non darlo per scontato. Anche perché di norma Di Francesco non è un tecnico che nei gironi di ritorno dà il meglio di sé. In serie A, è accaduto soltanto una volta: nel 2016-17, quando ai 18 punti dell’andata, sommò i 28 dopo il giro di boa. Altrimenti è avvenuto sempre il contrario: 40-37 lo scorso anno, 32-29 nel 2015-16, 25-24 nel 2014-15 e 17-17 nel 2013-14.
Fonte: Il Messaggero