(L. DE CICCO) – «Tifo Ternana», disse nella campagna elettorale del 2016, per dribblare le partigianerie pallonare che nell’urna avrebbero potuto avere un qualche peso. E da allora, Virginia Raggi, non si è mai schierata, anche in questi due anni e mezzo di mandato in Campidoglio; dichiarazioni sempre nel segno della melina, tattica politica, mai sul filo del fuori gioco, attentissima a non accomodarsi in una curva a discapito dell’altra. Perché, da buona grillina, penserà pure, come vuole il mantra stellato, che non esistono più né destra né sinistra, ma Roma e Lazio sì, eccome, in una città in cui il calcio non è tutto, ma parecchio. Ecco allora che a Palazzo Senatorio hanno letto con un certo «stupore», tracimato in «fastidio», le parole di Arturo Diaconale, gran capo della comunicazione biancoceleste e fedelissimo di Claudio Lotito, quando, l’altro ieri, ha dichiarato: «Alla vigilia di un derby decisivo, mi sembra istituzionalmente improvvido il comportamento della sindaca». Rea, per i massimi vertici biancazzurri, di avere visitato con tutti gli onori il nuovo quartier generale dell’As Roma in viale Tolstoj all’Eur, a due passi dal Colosseo quadrato. «Quella che nasce come una squadra di calcio si evolve e diventa sempre qualcosa di più grande, le istituzioni sono qui per testimoniare la vicinanza a chi scommette sul progetto e riesce nei propri obiettivi», le frasi della grillina nella nuova sede giallorossa.
LO STADIO DELLE AQUILE Parole che pochissimo sono piaciute a Lotito & co, con tanto di frecciatina lanciata da Diaconale e codazzo polemico a seguire. Raggi però non vorrebbe strappi. Tanto che questa settimana si presenterà a Formello. «Visita privata», raccontano i fedelissimi della sindaca, già programmata, pare da metà mese, insomma da prima che montassero le polemiche. Motivo in più per esserci «rimasti male», dicono in Comune. L’incontro, in ogni caso, ci sarà. Per ricucire con Lotito e magari parlare d’altro. Per esempio? Il nuovo «stadio delle Aquile», che il patron biancoceleste sogna da dieci anni, e che però non decolla, mentre Raggi, ormai convertita al progetto Tor di Valle, si affanna di mandare avanti l’altro stadio, quello sognato da Pallotta, che pure aveva criticato aspramente dai banchi dell’opposizione. Ma è un ribaltone tutto politico, mica calcistico (semmai c’entrano i voti dei tifosi). Perché la squadra del cuore, per Raggi, rimane tabù. Una zona d’ombra da marcare con studiate perifrasi, da politica scafata, come quando disse: «Mio marito tifa Lazio ma io ho una simpatia per la Roma, con cui stiamo facendo cose importanti».
Fonte: Il Messaggero