(A. Angeloni) – Glielo avranno detto, ovvio: Zaniolo saprà con certezza che anche Daniele De Rossi ha cominciato come lui, ovvero dalla Champions prima che dal campionato. La differenza è che Nicolò, la prima l’ha fatta subito da titolare, mentre Fabio Capello regalò a Daniele la gioia dell’esordio in una partita non utile per la classifica e facendolo entrare dopo 71 minuti di gioco al posto di Ivan Tomi (Roma-Anderlecht 1-1, 30 ottobre del 2001). Daniele poi, è stato battezzato in serie A il 25 gennaio 2003, quando a 19 anni scese in campo nella partita Como-Roma (2-0), quindi poco più di un anno dopo. Zaniolo, il battesimo del fuoco l’ha fatto al Santiago Bernabeu di Madrid, contro il Real. Non fu una bella serata, né per la Roma, né tanto meno per lui, che evaporò subito, ingoiato dalla giovane età e dalle problematiche della squadra. Non aveva responsabilità, tutto ciò che ha fatto è stato guadagnato. Era un periodo nero e Di Francesco aveva bisogno di dare un segnale: decise che fosse meglio un ragazzino inesperto che un anziano incapace di interpretare il lavoro nella maniera corretta. Dentro Zaniolo, dunque. A sorpresa. Solo una settimana dopo, l’esordio in A, contro il Frosinone. E da quel momento, piano piano, si è preso la maglia da titolare. E oggi vederlo in campo non è più una scoperta, una sorpresa, ma una certezza.
I TEMPI DEL BERNABEU Nicolò gioca non più per dare segnali ma perché è diventato un punto fermo. Il suo talento ha stregato l’allenatore e una buona parte della città, che lo ha indicato come il nuovo Totti. Calma. Non è un bene per lui metterlo a paragone con chi ha fatto la storia della Roma. Magari diventerà anche meglio del Capitano, ma perché anticipare i tempi e dirlo dopo appena 21 partite serie? Zaniolo oggi deve solo fare quel che sa fare: dare qualità, entusiasmo, corsa, tecnica e gol, non pensare al contratto. Tre reti fino a ora, tutti all’Olimpico e tutti in campionato: contro Sassuolo, Torino e Milan. Domani si torna a giocare all’Olimpico, ma in Champions, la competizione che lo ha battezzato e che nel tempo dovrà consacrarlo. Nicolò deve pensare al presente, non al futuro. Quel che si realizza oggi, lo ritroverà nello stipendio e nel curriculum. Segnare un gol al Porto significa proporsi con credenziali diverse, significa aver fatto un ulteriore salto in avanti. Quel gol in Champions, che ancora manca. Lo vuole, lo desidera, serve alla Roma.
IL RUOLO Questa competizione, come detto, Zaniolo l’ha presa subito di petto, ma poi si è adeguato alle gerarchie: titolare con il Real, sedici minuti con il Plzen, in panchina con il Cska Mosca, appena otto minuti nella trasferta in Russia per poi essere titolare nella sfida di ritorno con il Real all’Olimpico. Il girone si chiude con i trenta minuti finali di Plzen al posto di Pastore. Sì, di Pastore, il designato a essere l’uomo in più della Roma, in campionato e in Champions, invece tiene banco un ragazzo del 1999, che ha ammaliato il pubblico della Roma. E non solo. Zaniolo domani farà la mezz’ala, oppure l’esterno alto a posto di Schick. Un posto ce l’ha, ormai sembra scontato. L’importante che ci sia.
Fonte: Il Messaggero