(A. Angeloni) – Dall’amore in poi. Il problema è definire dove arriva quel poi. Perché chi va via – in questo caso il direttore sportivo – ha sempre torto e diventa un traditore incapace (si scorrano i commenti alla conferenza stampa di Monchi sul canale youtube del Siviglia) e soprattutto si lascia malissimo con il presidente Jim Pallotta (quando il suo ds ha lasciato Romaè stato salutato ufficialmente dal ceo Fienga e non da Jim), che all’inizio dà pieni poteri e fiducia e a un certo punto decide di toglierteli, a torto o a ragione. Insomma, alla fine il copione è sempre lo stesso: chi va via, lancia qualche sassolino nell’acqua e guarda l’effetto che fa; Pallotta ascolta, legge e poi risentito replica, un po’ tosto un po’ ironico.
LO SCENARIO – E nel frattempo la Roma (squadra) cade a pezzi, rischia di non andare in Champions, la società deve decidere l’allenatore e quello attuale, Ranieri, attacca i giocatori e prefigura disastri nell’immediato futuro. Molto bene.
IL PRECEDENTE – Era già accaduto ai tempi di Sabatini, che al momento dei saluti parlò di «rapporto ormai deteriorato con il presidente» lo definì «un uomo insicuro, di lui si ricordano solo le smentite». Dopo qualche settimana Jim aveva così risposto: «Avevo perso molta fiducia in Sabatini. I primi due anni erano stati ottimi, ma avremmo dovuto costruire su quelli e invece lui continuava semplicemente a fare scambi». Tutto per colpa dell’algoritmo, dei database bostoniani: la tecnologia contro le scelte romantica del vecchio ds, che il giocatore doveva sentirlo, annusarlo. Ieri il botta e risposta con Monchi è andato in scena invece in poche ore. Il ds andaluso, prima nella conferenza stampa a Siviglia e poi più approfonditamente su Rete Sport, ha spiegato le divergenze che lo hanno portato all’addio: «Ho capito che la proprietà aveva idee diverse dalle mie. Pallotta pensava che fosse meglio andare a destra mentre io ero convinto che fosse meglio svoltare a sinistra». E poi: «Mi sono ritrovato in una situazione economica diversa da quella che pensavo».
LA REAZIONE – Toni soft. Quanto basta, però, per provocare la reazione di Pallotta, che magari non ha gradito troppo quel «situazione economica diversa». Ecco Jim, prontissimo: «Sono rimasto un po’ sorpreso nel leggere le dichiarazioni di Monchi: sono stato subito molto chiaro sulla direzione che dovevamo intraprendere. Questo è il motivo per cui abbiamo speso tanti soldi per portare Monchi da noi. Ho subito detto che avrei voluto allenatori, preparatori, staff medico, calciatori e addetti allo scouting di primo livello. Gli ho consegnato le chiavi per dar vita a tutto questo». Tutto questo disastro, aggiungiamo noi. Andando avanti poi, Pallotta: «Guardando i risultati e le nostre prestazioni, è chiaro che non ha funzionato. A novembre, quando la nostra stagione stava andando di male in peggio e tutti notavano come l’allenatore stesse faticando a ottenere una reazione dai calciatori, chiesi a Monchi un piano B da attuare nel caso in cui le cose fossero ulteriormente peggiorate. Pur essendo lui l’unico responsabile della parte sportiva, non lo aveva. Mi spiegò che il suo piano B era continuare con la stessa strategia, quella del piano A. Quindi, quando leggo o ascolto certe interviste, mi chiedo cosa avrebbe voluto fare Monchi di differente? Mi ha chiesto di fidarsi di lui e di lasciarlo fare a modo suo. Lo abbiamo fatto e ora abbiamo più infortuni di quanti ne abbiamo mai avuti e rischiamo di non riuscire a finire tra le prime tre per la prima volta dal 2014». Insomma, si rinfaccia un po’ tutto, dalla A alla Z. Sipario e appuntamento alla prossima puntata. O al prossimo ds.
Fonte: il messaggero