(A. Austini) – E adesso, cosa rimane dopo lo tsunami? Un allenatore esonerato, uno che ritorna per tre mesi e mezzo e poi cambierà ruolo, un direttore sportivo in fuga, un altro messo al suo posto al momento solo pro-tempore, un medico e il capo dei fisioterapisti licenziati. Questo solo per restare alla cronaca degli ultimi giorni, perché da poche settimane Pallotta aveva cambiato l’ennesimo amministratore delegato e spostato il direttore generale fuori dall’area sportiva eleggendolo vice-presidente esecutivo. La Roma di oggi è una società ribaltata dalla testa ai piedi e alla ricerca di nuovi equilibri, in attesa di un nuovo rimpasto in estate.
Chi comanda nella Roma di oggi? Chi la dirigerà dal prossimo anno e quale allenatore sceglierà? Perché Monchi se n’è andato? Cosa fa di preciso Baldini e quanto incide? Totti è davvero cresciuto come dirigente o è una foglia di fico? Sono le domande che agitano le notti dei romanisti e degli osservatori neutrali, per cercare un filo logico a questo caos apparente. Dando uno sguardo ai fatti, non può sfuggire come dopo l’addio di Monchi il club abbia chiaramente aumentato il livello di esposizione di Totti. E’ stato lui – fanno sapere dalla Roma – a telefonare a Ranieri, indirizzato dall’ad Fienga e dal diesse Massara, al termine di lunghe riflessioni seguite al derby. Lo stesso Totti che si era preso cura dell’amico Di Francesco fino all’ultimo minuto in cui la Roma era ancora «sua». O ancora quello che comunicò a Nainggolan lo scorso anno che non sarebbe stato convocato per la gara con l’Atalanta. Insomma Totti c’era anche quando non si vedeva, se non inquadrato in tribuna alle partite o sporadicamente davanti alle telecamere, e ora il suo spazio di manovra è cresciuto negli spazi lasciati vuoti da Monchi, dal quale ha provato a imparare qualche trucco del mestiere. Nessuno come lui ha una forza mediatica tale da calmare i bollenti spiriti della tifoseria, Totti è più forte della Roma grazie al credito illimitato che si è guadagnato sul campo ed è l’unico ad essere creduto quando parla.
Ma c’è un altro fatto, che la Roma ridimensiona, circoscrive e comunque non nega, a rendere la situazione intricata: Pallotta continua ad avvalersi della consulenza di Franco Baldini, a chiedergli consigli, spesso a dargli retta, ad utilizzarlo come tramite per parlare con presidenti, allenatori, dirigenti e procuratori di mezzo mondo, nonostante questo dovrebbe essere il lavoro del direttore sportivo pagato dalla Roma. Baldini non è stipendiato dal club, formalmente ha un rapporto diretto col presidente e lo aiuta a distanza, al momento dal Sudafrica dove passa quattro-cinque mesi dell’anno senza la minima intenzione di farsi vivo a Trigoria. Oltre agli inevitabili imbarazzi creati da questa figura, che ha inciso sull’addio di Sabatini e Monchi, il nodo mai risolto e il rapporto fra Totti e Baldini. Anzi, un problema riesploso con la pubblicazione della biografia dell’ex capitano, in in cui il dirigente toscano viene accusato di essere stato il suo “esecutore” negli ultimi anni da calciatore. Lette quelle pagine, Baldini si è dimesso dal comitato esecutivo della Roma (in realtà non c’è mai stata traccia nei documenti ufficiali del suo ingresso), ma il legame con Pallotta è rimasto strettissimo. Tanto che da ottobre era Baldini a suggerire l’esonero di Di Francesco, proponendo Paulo Sousa, mentre Monchi difendeva e confermava l’abruzzese. Alla fine si è trovato una sorta di compromesso: ha vinto in ritardo la linea del cambio in panchina ispirata dal Sudafrica, ma si è scelto Ranieri, facendolo chiamare e accogliere da Totti. Eppure fonti molto, molto, molto informate assicurano che prima fosse già arrivata una telefonata all’allenatore da Baldini, ricostruzione che la Roma smentisce.
In tutto questo Massara ha accettato di fare il direttore sportivo senza sapere se sarà confermato il prossimo anno o di nuovo retrocesso a vice, Baldissoni non ha più voce in capitolo sulla squadra e si dedica principalmente al progetto stadio, Fienga è l’uomo forte del momento, un decisionista che non si è fatto scrupoli a licenziare e imporsi, Balzaretti e De Sanctis sognano di salire nelle gerarchie e tanti altri, con ruoli minori, si chiedono che fine faranno. E, soprattutto, chi sarà a deciderlo.
Fonte: il tempo