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Chelsea, Emerson Palmieri: “Roma più difficile di Londra. Conte? Per lui guidare i giallorossi sarebbe una bella cosa…”

Di seguito uno stralcio dell’intervista effettuata a Emerson Palmieri, ex terzino della Roma oggi al Chelsea:

«Il 28 maggio 2017? Un lungo giorno. Cominciato con questa situazione dell’addio di Totti. Poi mi sono fatto male. Ma non potevo andare all’ospedale e perdermi l’ultima partita di un campione così. Ciò che ho passato lì, quei momenti, lo ricorderò per sempre perché è stato una cosa mai vista. Tutta quell’emozione, quell’atmosfera… Per me è stato un sogno giocare con un campione così. È difficile da descrivere. Quel giorno è stato come delle montagne russe, è iniziato bene, poi male e poi sono andato all’ospedale con il crociato rotto, ma felice per aver dato un abbraccio a Totti».

Come è cambiato l’Emerson Palmieri di Londra rispetto a quello di Roma?
«Penso di essere migliorato in tante cose. Quando sono arrivato a Roma già ero cresciuto molto rispetto al mio arrivo a Palermo. La Premier League è differente: principalmente sono migliorato nel giocare con più intensità».

A Londra c’è la stessa impazienza per i risultati che c’è a Roma?
«No, a Roma è un po’ più difficile. In Italia i tifosi sono così, molto appassionati. Qui abbiamo una certa pressione, ma è diverso. È un qualcosa che cambia da posto a posto, credo».

Entrambi gli allenatori che hai avuto al Chelsea, Conte e Sarri, sono accostati di continuo alla panchina della Roma per la prossima stagione. Come ti sembrerebbe un ritorno in Italia per Conte, in giallorosso?
«Guardo questa situazione come una cosa buona. Conte ha dimostrato già di essere un grande allenatore. Ho lavorato con lui solo sei mesi, però ho visto che è un grande. E la sua carriera lo dice. Guidare la Roma sarebbe anche per lui una bella cosa… Per me la Roma è speciale, io mi auguro che questa cosa succeda e se accadrà sarò felice».

Di lui si dice a volte che è un allenatore più incentrato sulla motivazione e sul carattere che sulla tattica. 
«Non è vero, è anche un allenatore molto tattico. Qui, quando avevamo una settimana intera di allenamenti, facevamo moltissima tattica. Ma è anche un tecnico che prova a spingerti al massimo. È un allenatore completo».

Quanto devi nella tua vita a Walter Sabatini?
«Tanto. Tanto. Senza di lui… Come fa un giocatore che faceva la panchina a Palermo ad arrivare a Roma? Si è fidato molto di me e se oggi sono al Chelsea lo devo a lui. Lo porterò dentro per sempre».

A Roma arrivasti tra lo scetticismo generale, ora sei in un top club della Premier. Quanto conta saper aspettare per giudicare il lavoro di un direttore sportivo?
«Non è un lavoro facile, io gli do molto valore. Devi portare una grande responsabilità sulle spalle. Bisogna sempre dare fiducia perché un direttore sportivo vuole sempre il meglio per la sua squadra».

E di Monchi che idea ti sei fatto?
«La stessa. Anche lui ha fatto un buon lavoro in giallorosso. Spesso a Roma non c’è la pazienza di aspettare. In Italia, nel calcio, vogliamo che tutto sia fatto per oggi stesso. Monchi stava facendo un buon lavoro, ha già dimostrato di essere un grande direttore. E nel complesso credo abbia fatto un buon lavoro».

Tu potevi essere qui con Dzeko. 
«Di questo anche io sono rimasto sorpreso. Pensavo che Edin sarebbe venuto a Londra assieme a me. All’ultimo secondo sono cambiate delle cose e purtroppo non è venuto. Mi avrebbe fatto piacere averlo qui».

È vero che hai seguito la semifinale di Champions tra Roma e Liverpool con Rüdiger?
«Non insieme, ma ci siamo scritti per tutta la partita al telefono e abbiamo parlato con FaceTime».

Secondo te la Roma può arrivare a essere un top club europeo nei prossimi cinque anni?
«Il problema è questo: cinque anni fa si diceva la stessa cosa. Ora si parla di altri cinque anni… Alla Roma a volte succedono cose che non capisci. Per questo non si riesce a fare il salto di qualità. Io voglio bene alla Roma, mi auguro che possa crescere non fra cinque anni, già il prossimo anno. La tifoseria lo merita».

Per cose che non capisci intendi in campo, o anche decisioni prese dalla società?
«Tutto, ma a volte è troppo facile parlare solo della società. Le partite si vincono in campo. E io mi ci metto dentro, ero lì due anni fa. Abbiamo perso il campionato per quattro punti contro la Juventus. I giocatori possono fare di più».

Fonte: Il Romanista

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