(T. Cagnucci) – Scrivo sul Romanista dal primo giorno che uscì in edicola il 10 settembre 2004. Non c’era mai stato un quotidiano esclusivamente dedicato a una squadra di calcio. Non ce n’è altro ancora al mondo. Fu una bella sfida. Vinta. Poi persa. Poi nuovamente vinta. Il Romanista è stato il giornale di Calciopoli, il primo che ha tirato fuori quella storia e che più degli altri l’ha raccontata, il primo a parlare della possibilità di un passaggio di proprietà dell’AS Roma, quello che si è preso a cuore la vicenda Sandri portando il papà di Gabbo, Giorgio, a vedere il derby in curva Sud; abbiamo raccolto fondi per un’autoambulanza col nome di Luisa Petrucci, ristrutturato un’ala del carcere femminile di Rebibbia insieme ai ragazzi della Sud… Solo esempi, i più cari.
All’epoca l’unico quotidiano al mondo su una squadra di calcio era una bella eresia, due anni fa, invece, in tempi in cui la carta non te la danno manco più per incartare le uova e, soprattutto, in tempi in cui la Roma non unisce come prima ma divide come mai, era semplicemente un suicidio già solo pensare di poterlo fare, per di più da direttore. Ma lo dovevo per gli anni di e da Romanista alle spalle, per tante storie, per responsabilità e poi perché “ogni tanto a papà bisogna farla qualche cazzata”. E la continueremo a fare. Un giornale “a vocazione suicida” c’era scritto sulla prima il giorno del ritorno in edicola: siamo ancor più vivi, pur avendo esercitato appieno quella vocazione, soprattutto negli ultimi tempi. Va bene così.
Liberi e romanisti. Senza alcun contributo statale (0), senza nessun tipo di dipendenza da qualcuno, con la forza dello straordinario lavoro della redazione e dell’editore che ringrazio perché mi ha sempre lasciato non un campo libero, ma una prateria da indiano per scrivere sulla Roma. O era così o non era. E sarà ancora così. Sono successe cose pesanti in questo periodo, ma siamo romanisti e, quindi, parafrasando uno striscione antico: scrivere malgrado tutto.
Dalla prossima stagione continueremo a essere un quotidiano sfogliabile online, ci troverete in linea tutti i giorni, e tutti i giorni sui nostri social (Facebook, Twitter, Instagram, Telegram, Youtube e mi sa che mi sono perso qualcosa) con la Prima pagina di sempre già poco dopo la mezzanotte. Ci troverete in edicola con un’edizione ancor più ricca di adesso il giorno dopo ogni partita della Roma: diventeremo il giornale del giorno dopo. Un post match-program. Un altro unicum editoriale. Non un settimanale, perché ogni volta che la Roma scenderà in campo noi il giorno dopo saremo nelle edicole, dove troverete anche un mensile. Si chiamerà “Erre”, col nostro marchio. In tutti i sensi.
In questi casi ci vorrebbe un promoter, uno che sa vendere o un paraculo e io sono (fortemente) negato per tutte e tre le questioni, altrimenti vi scriverei – oltre a ricordarvi tutti i numeri delle nostre piattaforme digital – che Il Romanista raddoppia o triplica: quotidiano online, settimanale e mensile, il che è vero, ma la rinuncia alla carta quotidianamente è una ferita che non voglio nascondere. Pure dolorosa, anche se parziale, perché dal giornalaio comunque ci troverete. Perché – soprattutto – sempre dalla stessa parte ci troverete. Quella dei romanisti senza alcuna pretesa di rappresentare né la maggioranza, né la minoranza, né un sentimento troppo prezioso e intimo per poter essere detto o, peggio, per appropriarsene. Quando parlate della Roma dovete sta’ zitti… Appunto, cercheremo sempre di raccontare quel silenzio, in questi due anni credo che siamo riusciti a parlare poco. O niente. Nei fatti, ci siamo sempre messi dalla parte dei tifosi, nella battaglia contro il caro prezzi, anche, se non soprattutto, quando è stata la Roma a usare prezzi alti; la battaglia contro le multe per tifare, contro le diffide per uno striscione d’amore, contro la repressione anche ideologica che dipinge aprioristicamente e pregiudizialmente un tifoso come o un qualcosa di macchiettistico o di criminale (e non invece per quello che è: un raro portatore di passione in questi tempi di niente).
Contro decisioni assurde di organi e Osservatori di Pubblica Ottusità, contro i giochini di potere e di palazzo, contro anche certe strumentalizzazioni comunicative e molte teste di cazzo. Siamo finiti sul New York Times con la protesta per il prezzo spropositato dei biglietti del Nou Camp costringendo il presidente del Barcellona a risponderci pubblicamente e privatamente. Anche se forse il riconoscimento più bello è l’essere stati scelti da Francesco Rocca come il giornale a cui concedere la sua prima vera lunghissima intervista (pubblicata in tre edizioni) 36 anni dopo il suo addio al calcio. Siamo da quella parte. Da quella di Daniele De Rossi, senza se e senza ma, ed è insieme l’orgoglio e il dispiacere più alto che Il Romanista sia il quotidiano a cui De Rossi ha concesso la sua ultima esclusiva da calciatore della Roma. S’intitolava “nessun mai t’amerà più di me”. S’intitolava bene. Siamo il giornale in cui Damiano Tommasi è venuto a presentare la candidatura alla Figc, il quotidiano battezzato da Francesco Totti e da Marisa Di Bartolomei, del ricordo costante di Ago e di quello di Antonio De Falchi: quei tornei per noi saranno sempre da trattare come Coppe Campioni. Veramente al di là del risultato.
Tra le cose di cui sono più orgoglioso c’è quando l’editore ha immediatamente acconsentito a ritirare il poster disegnato dal nostro Hot Stuff della coreografia del “Ti Amo” e che era già andato alle stampe per un fraintendimento, perché quella coreografia non si commercializza. Ne abbiamo tremila in magazzino, li utilizzeremo solo per beneficenza.Poi, ovvio, non siamo una onlus ma non siamo mai stati e mai saremo per niente qualcuno che si presta a fare la sponda di qualcuno. Ci sono i fatti. Ci sono due anni dietro. Chi sa le cose sa, come si dice. Questo cambiamento è anche il prezzo della nostra indipendenza e delle nostre idee, per continuare comunque a scrivere tutti i giorni della Roma con quel sentimento lì con cui scegliemmo di tornare in edicola mettendo gli occhi gonfi di Totti nel giorno del suo addio.
Ora noi non ce ne andiamo e accanto a quella immagine ci mettiamo idealmente il cuore che sta negli occhi di Daniele De Rossi il giorno di un altro addio. Con quell’amore lì abbiamo raccontato e racconteremo la Roma. Con quell’amore lì abbiamo criticato e criticheremo la Roma. Con quell’amore lì abbiamo difeso e difenderemo la Roma. Con quell’amore lì ci siamo arrabbiati e ci arrabbieremo con la Roma. Con questo amore qui perché è quello che possiamo dare. L’unica cosa da non cambiare.
Fonte: Il Romanista