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Totti, l’abbraccio del suo quartiere: “Francesco ha fatto bene a lasciare”

Francesco Totti

(L. Monaco) – Dai tavolini del bar Lustri s’intravede una scritta sul muro che costeggia via Populonia: «Romanismo», recita il murale. Indica la sigla di un gruppo del tifo organizzato in curva Sud. Ma è anzitutto un sentimento diffuso, «il Romanismo». È l’attaccamento viscerale della città alla sua squadra di calcio. Il che comporta l’elevazione dei suoi interpreti migliori ad alfieri di un amore incondizionato. Simboli, come Francesco Totti da via Vetulonia. A 24 ore dall’addio alla Roma, lungo i marciapiedi che hanno visto «Francesco» crescere e farsi uomo, nessuno ha dubbi: «Quella conferenza stampa è un atto dovuto — afferma Sonia Lustri, la 45enne titolare del bar aperto dal 1946 e che con Totti ha trascorso l’infanzia — lo doveva fare per difendere la sua dignità di professionista. In fondo ha detto quello che pensavano già da tempo tantissimi tifosi». Chi incarna il simbolo della romanità più del Capitano? Di quel ragazzino biondo che con una sola moneta occupava per l’intero pomeriggio il flipper del bar Lustri. O quello che d’estate insieme al suo amico Giancarlo Ceccacci, oggi 46enne, correva a tirare i gavettoni agli autisti degli autobus. «Ha fatto bene ad andarsene — ripete Ceccacci — sono anni che lo trattano male, vi ricordate con Spalletti? Non lo faceva giocare, entrava gli ultimi due minuti, segna va e Spalletti “rosicava”». L’amico di infanzia ricorda con più piacere le partite nel cortile della scuola elementare Manzoni «io e il meccanico Roberto Catalani contro Francesco e il fratello. Giocavamo tutti i pomeriggi dalle 14 alle 16.30, poi dovevamo smettere perché c’era l’uscita di scuola. Ma i giorni di festa — prosegue — il primo che si svegliava al mattino chiamava gli altri, giocavamo tutto il giorno». Il meccanico sorride ripensando alle ore spensierate trascorse con un Totti ancora adolescente. Ma quando il discorso volge all’attualità lo sguardo s’incupisce: «Questi dirigenti se ne devono andare — sbotta — Pallotta non ama Roma». È la città che, chiamata a scegliere, difende “il figlio”. «Francesco è stato un signore — rileva Giancarlo Barraco, ordinario di Odontoiatria a Perugia e per anni medico di famiglia dei Totti — chiunque al posto suo avrebbe vomitato bile, ma lui non ha voluto sporcare l’immagine della società».

Fonte: Repubblica

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