(E. BERNARDINI) – Il calcioin Italia piace sempre di più, sono in aumento i ricavi, tifosi negli stadi ma di pari passo crescono anche i costi. «Siete messi meglio dello Stato italiano, ma non troppo. Se ci fosse un commissario dell’Unione Europea a valutare il sistema calcio, il rapporto debito/Pil sarebbe del 120%» dice scherzando il sottosegretario con delega allo sport, Giancarlo Giorgetti commentando la fotografia in chiaroscuro della situazione economico-finanziaria del pallone di casa nostra emersa dai dati del ReportCalcio 2019, lo studio della Figc realizzato in collaborazione con Arel (Agenzia di Ricerche e Legislazione) e PwC(PricewaterhouseCoopers), presentato ieri in Senato. Il dato che balza subito all’occhio è il segno più accanto al valore della produzione dei tre campionati professionistici nella stagione 2017-18 che ha superato per la prima volta i 3,5 miliardi di euro, con unaumento del 6% rispetto all’anno precedente. Per la serie il valore della produzione è aumentato del 5,7% e per la prima volta è superiore ai 3 miliardi, ma il gap tra grandi e piccole squadre in A è ancora troppo marcato, visto che il 54% è generato solo da Juventus, Inter, Roma, Milan e Napoli. Boom per quanto riguarda i ricavi degli incassi degli stadi che nella massima serie registra un +32,4%. E questo non è legato esclusivamente al rincaro dei prezzi perché c è anche un aumento degli spettatori: + 8,4 rispetto all’anno precedente. Ma le buone notizie viaggiano di pari passo a quelle meno buone. L’aumento del costo del lavoro e degli ammortamenti ha inevitabilmente portato anche ad un peggioramento del risultato netto con una perdita pari a 215 milioni di euro (risultato migliorato rispetto al biennio precedente). Un indebitamento generale che sfiora i 427 miliardi di euro (+6,4%). A proposito di stadi qui la fotografia non è certo delle migliori: l’eta media degli impianti è di 61 anni, l’86%delle strutture non utilizza fonti di energia rinnovabile e il 45% dei posti non ha la copertura. E qui che Giorgetti bacchetta i club di calcio: «C’è anche la dimensione del patrimonio che deve darsi una società, non esiste solo la dimensione sportiva. Degli ammortamenti sembra non interessare niente a nessuna Non si possono chiederesolosoldi allo Stato». Apprezzato lo sforzo della Figc di analizzare in maniera più ampia l’impatto socio-economico del calcio in Italia, che ha superato i 3 miliardi di euro nella stagione 2017-2018. Per questo che il numero uno della Federcalcio, Gabriele Gravina parla di «ruolo fondamentale giocato nel sistema paese, sotto il profilo economico fiscale e sociale. Negli ultimi 11 anni abbiamo versato 11,4 miliardi di euro al Fisco e ricevuto 749 milioni di euro: per ogni euro che il governo italiano ha investito nel calcio, ha ottenuto un ritorno di 152 euro. Un dato che deve far riflettere». Magari in sede di ripartizione dei prossimi contributi che saranno decisi per il primo anno da Sport e Salute.
POLEMICA SUL PROFESSIONISMO – Positivo il boom del calcio femminile: solo negli ultimi 10 anni le calciatrici tesserate sono infatti aumentate del 39,3% passando da 19 mila a 26 mila (numero destinato a crescere esponenzialemnte dopo il grande successo del mondiale francese). E sul semi professionismo Gravina non risparmia una frecciata al sottosegretario cinquestelle Valente: «Dire che esiste già una legge è un gravissimo errore di interpretazione. La legge c’è ma è del 1981». Immediata la risposta del sottosegretario dei Cinquestelle: «La separazione tra dilettantismo e professionismo è ormai nei fatti superata: il Governo con il ddl sullo sport è andato già oltre perché perla prima volta ha individuato la figura del lavoratore sportivo». Sull’argomento Giorgetti ha rassicurato: «Ci sono le deleghe al governo per rivedere tutto il professionismo sportivo». Poi in chiave Milano-Cortina 2026 ha annunciato: «Ci stiamo attrezzando per mettere in pista la legge olimpica. Immagino a settembre per definire i contorni e convertirla in legge entro la fine dell’anno».
Fonte: Il Messaggero