C’è una città che scappa in avanti e una che fugge dal presente, una che nuota e un’altra che annega. Se non annega, brucia insieme con i suoi cassonetti dell’immondizia e i suoi bus urbani. (…) A Roma una società alla quale l’Europa scotta sotto i piedi come una spiaggia ferrosa nei pomeriggi di luglio resta prigioniera per sette anni di una catena burocratica fissata a un progetto complicato, avversato, logorante, torturato e mutilato. Se le offrono la libertà di un’alternativa, va a vedere e poi si rimette la catena. Mentre intorno piovono giunte comunali in caduta libera, soffiano venti di malcontento e grandinano inchieste giudiziarie. E una vita che va avanti questa fabbrica preparatoria di Tor Di Valle e metafora drammatica della vita sembra l’iter purgatoriale dello stadio attraverso il quale secondo la narrazione (anche secondo la logica, purtroppo) passa il confine tra l’essere e il limbo della Roma. Un rotolare di sofferenze, un approdo all’abisso. O forse no, ma credere al lieto fine è ormai una questione di fede. Le dimissioni del vicepresidente vicario dell’assemblea capitolina Enrico Stefano, che solo a star li contribuiva a saldare la turbolenta maggioranza, non aiutano (…) Ma presto o tardi, nei prossimi giorni, bisognerà sciogliere la questione di fondo, la necessità di tirare su insieme lo stadio e le opere di viabilità, e potenziare la ferrovia Roma Lido. Finché non è tutto pronto, dicono in pubblico e in privato i membri della giunta, lo stadio non può aprire. Significa che l’impianto una volta ultimato dovrebbe restare sontuoso e inutile, cattedrale dedicata a se stessa, per un paio d’anni anche a vedere tutto rosa. I Cinque Stelle hanno un solo modo di tenere in piedi sulla vicenda la loro barcollante maggioranza: presentarsi in assemblea (quando? l’estate è ormai più che matura) con questo scalpo. Oppure con una soluzione brillante approvata e timbrata dai tecnici che stanno discutendo con la Roma e i suoi partner. Negli incontri in corso cercano di trovare qualcosa che si regga in equilibrio e disperano di esserne in grado. Una trovata: limitare la capienza dello stadio dai 52.500 spettatori previsti a 40-45.000 finché la mobilità non sarà a pieno regime. Altra possibilità è lavorare sui parametri del Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile, rivisitazione generale del sistema di strade e di trasporti di Roma che sta prendendo forma in questi mesi. All’interno delle varie fasi del piano, teoricamente in grado di trasformare Roma in una città adatta a ospitare vita intelligente e mobile, è forse possibile trovare lo spazio per rielaborare i calcoli e decidere, per esempio, che non è più necessario assicurare al 50% degli spettatori il trasporto su ferro, che sarà sufficiente e accettabile una percentuale minore. Se lo scrivono i tecnici, la giunta approva e si va al voto. (…)
Fonte: corsport