(M. FERRETTI) – Nasce tutto da Paulo Lopez. Estremo difensore e anche primo attaccante della Roma di Paulo Fonseca. L’azione che sabato ha portato al gol di Nicolò Zaniolo lo sta a confermare. Un minuto e diciassette secondi di gioco durante i quali la palla è sempre stata tra i piedi dei giallorossi, compresi quelli di Pau Lopez. Ventidue passaggi di fila, addirittura tre del portiere spagnolo, prima di far arrivare il pallone sul sinistro terrificante del numero 22. Dopo l’estasiante manovra che a Udine aveva portato la Roma al gol di Kluivert, un’altra lezione di calcio totale. Completamente diversa nei contenuti rispetto a quella della Dacia Arena, ma altrettanto spettacolare. E parimenti concreta. Una tutta in verticale; l’altra molto orizzontale, molto “palleggiata” prima dell’affondo in verticale. Della serie: come passare dalla fase difensiva a quella offensiva, lezione 1 e 2 del professor Fonseca.
IL REGISTA DELL’ATTACCO – Il ruolo di Pau Lopez, in tutto questo, è simile a quello di un altro uomo di movimento. E’ lui a dare inizio all’azione del gol di Zaniolo con una rimessa dal fondo centrale su Veretout, ma questo lo fanno tutti i portieri. Quello che tutti non fanno, però, è fungere sistematicamente da libero, quindi da regista della fase offensiva. Pau Lopez viene prima (ri)chiamato in causa da Mancini, con palla smistata a destra su Cetin, poi da Pastore al quale lo spagnolo, dopo aver controllato la situazione, restituisce il pallone al limite dell’area. E’ proprio El Flaco, come detto, a ricevere “bassissimo” l’ennesimo passaggio di Pau Lopez e ad appoggiare verticalmente a Mancini: lancio profondo su Spinazzola, assist e gol di Zaniolo. Il tutto in 77 secondi, durante i quali il portiere usa esclusivamente i piedi. E con i soli Dzeko e Kluivert che non toccano la sfera. Paulo Lopez era stato preso in estate proprio per la sua abilità di saper giocare con i piedi, ma nessuno (tranne il ds Petrachi, forse) si aspettava che fosse così tatticamente intelligente. Perché occorre capire il gioco per dare la palla a questo o a quello; non lo si fa mai a caso, tranne quando non puoi scegliere una strada alternativa. C’è sempre un motivo, un ordine dell’allenatore quando si gioca lungo o corto, quando si passa centralmente o si va immediatamente sull’esterno: tutto è programmato, non ci possono essere margini di errore per avviare, come ama Fonseca, da dentro la propria area l’uscita con il possesso palla.
Fonte: Il Messaggero