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Pallotta&Co. entrano “nella storia“

Impegnati com’eravamo a esaltarci per il quarto posto, il gioco di Fonseca e l’anno zero (octies) targato Petrachi-Fienga, abbiamo perso di vista la svolta storica maturata a Ryad. Per la prima volta in 92 anni la Lazio ci supera per numero di trofei (16 a 15). Perdiamo, contestualmente, il primato del palmares cittadino e quello del centrosud; vanto, quest’ultimo, che ci ha consentito di essere negli anni la principale antagonista dei potentati settentrionali. Manteniamo, per ora, solo quello dei derby e dei campionati vinti. Si chiude così il cerchio aperto dalla finale di Coppa Italia del 26 maggio 2013, prova generale di un sorpasso maturato 6 anni dopo. È un evento dalla portata storica; non riconoscerlo significa accettare la linea di pensiero di quanti continuano a portare acqua alla causa di una proprietà che oggi tocca un punto ancora più basso. Zero trofei in quasi 10 anni a fronte dei quattro vinti da Lotito.
Non un elogio al presidente biancoceleste o ai suoi metodi ma al pragmatismo, alla politica di consolidamento che può portare a strappare qualcosa a quella Juve invincibile agitata dai pallottiani come supremo alibi dei mancati successi giallorossi.

Non lo ha dimostrato solo la Lazio, ma anche il Napoli e persino il peggiore Milan degli ultimi 40 anni. Noi no. Infatuati da una rivoluzione culturale che si è tradotta in snobismo doloso, nel culto del fatturato fine a se stesso, nelle psicosi da stadio e nei dibattiti sulle plusvalenze. Armi di distrazione di massa sganciate quotidianamente da chi continua a fungere da stampella mediatica per via Tolstoj.

Quelli che se contesti la proprietà sei contro la Roma. Quelli che portano avanti una guerra subdola contro chi (da Totti a Ranieri) si è azzardato a mostrare la nudità del re. Quelli che continuano a millantare una presunta crescita, perché “i social”, “le infrastrutture”, la “patrimonializzazione”. E si storcono se qualcuno mette in dubbio la validità del progetto avviato nel 2011.
È la violenta imposizione di un pensiero unico con cui si tenta di sradicare ciò che resta di un romanismo autentico, da tifosi, da innamorati e non da clienti. Così sarà più facile far digerire il prossimo primato perduto.

Luca La Mantia

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