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ZANIOLO: “A Roma sto benissimo, non ci penso a cambiare aria. Fonseca un grande allenatore e una persona leale. Rientro? Sarò in campo ad aprile”

Zaniolo

Torna a parlare Nicolò Zaniolo, lo fa al quotidiano sportivo oggi in edicola, raccontando le tappe della sua giovane carriera, degli infortuni e del percorso per tornare in campo. Queste le sue parole:

(…)

Mettersi per la prima volta la maglia ed entrare in campo in Serie A o in Nazionale credo siano due belle emozioni. Me le racconta?

“Il vero esordio è essere arrivato alla Roma. Il giorno in cui sono entrato a Trigoria è stato meraviglioso, perché vedere tutti questi campioni – De Rossi, Kolarov, Dzeko, Pastore – per me, che giocavo in Primavera l’anno prima, è stata un’emozione incredibile. Poi è arrivato il gran giorno, mai me lo sarei aspettato: l’esordio al Bernabeu in Champions League. Di Francesco alle 11 di mattina fece la riunione, mi fermò e mi disse: “Sei pronto stasera per giocare?” E io ho detto: “Sì”. Però era un sì incosciente. Dopo averlo detto ho cominciato a tremare. Sono salito in camera e fino alle 19.45, orario di partenza del pullman, non ho dormito per niente, non mi sono riposato. Ero teso, non ho neanche chiamato i miei, ero pietrificato. Giocare con il Real Madrid al Bernabeu come esordio tra i professionisti era una bella responsabilità. Ma devo ringraziare i miei compagni che mi hanno fatto subito sentire a mio agio. Quando sono entrato in campo per me esisteva solo il Bernabeu, la partita. Non pensavo e non sentivo nulla all’esterno, fuori dal rettangolo di gioco. Alla fine è andata bene.”

Veniamo ai momenti duri. Come è stato il primo incidente? Lei stava sbocciando…

“Il primo incidente è stato del tutto inaspettato. Vedevo gli altri giocatori che si rompevano il ginocchio ma non mi sarei mai aspettato che succedesse a me. Quando è successo è stata una mazzata incredibile. Appena ho appoggiato il piede in terra è come se avessi già capito che mi ero rotto. È stato un dolore terribile. Anche ora, a pensarci, mi vengono i brividi. Mi è crollato il mondo addosso, tutto in una volta. Stavo facendo bene, era una grandissima annata, mi sentivo in forma. Una mazzata dura, un colpo da k.o.. Ma poi mi sono reso conto che gli infortuni, nel lavoro che facciamo, bisogna metterli in preventivo. Ho cercato le energie dentro di me, mi sono tirato su le maniche, ho lavorato duro e sono tornato in campo.”

Ha mai avuto un momento in cui è crollato, dopo l’incidente?

“È stato peggio il secondo incidente. Quando è successo è scesa la notte. Ero rientrato contro il Napoli dal primo infortunio e mi sentivo bene, ho fatto anche due gol. Mancini mi schiera per la prima volta come titolare in Nazionale, contro l’Olanda. A un certo punto sento lo stesso dolore, con lo stesso movimento interno nell’altro ginocchio e tutto precipita. Non nascondo che per una settimana sono stato nel letto a piangere, senza parlare, a mangiare poco. Quel crack è stato una batosta incredibile e anche per questo ho scelto di cambia- re chirurgo. Mariani aveva fatto un lavoro perfetto, il ginocchio destro infatti ora sta benissimo ma ora volevo introdurre un elemento di novità, per non ripiombare in qualcosa che mi sembrava di aver già vissuto, di conoscere”.

 Il dolore in qualche modo rende migliori, fortifica?

“Questi due infortuni mi sono serviti molto. Professionalmente e umanamente. Mi hanno fatto male, fuori e dentro, però mi sono serviti. Prima magari in palestra ci andavo ma solo perché dovevo, ora dal lavoro che faccio lì dipende la mia carriera, il mio futuro. Ora vado un’ora prima al campo per allenarmi di più e meglio. Prima magari mangiavi una schifezza in più, adesso ne mangi una in meno. Questi infortuni, non sembri paradossale, mi hanno consentito di crescere, di maturare. Come uomo e come calciatore.”

Lei si sente una persona diversa rispetto a prima del 12 gennaio?

“Prima ero un ragazzino inconsapevole che giocava a pallone. Ora penso di più agli infortuni, al corpo, a mangiare e dormire bene. Prima era tutto un po’ una festa, ora è un lavoro. Duro e bellissimo. E non vedo l’ora di ricominciare”.

(…)

Quando rientrerà?

Non ho fretta, sto lavorando bene. Ogni giorno vengo a Trigoria, dopo l’ultima visita a Innsbruck ora si aumenterà il carico e quando la gamba destra e la sinistra avranno la stessa forza e la mia testa sarà pronta, con calma rientrerò. Ho una carriera davanti, non bisogna forzare, farsi prendere dalla voglia di giocare 2-3 partite. È in ballo la carriera, il futuro.”

Quindi in primavera dovrebbe tornare in campo?

“Più o meno aprile. Al massimo. In tempo per gli Europei”.

La Roma può vincere lo scudetto?

“Siamo partiti benissimo, la squadra c’è, siamo forti, non ci manca niente. Ora, partita do- po partita, guardiamo come andrà. Il percorso del campionato è lungo, ci possono essere degli episodi, non si sa mai. Però noi ce la metteremo tutta, per fare il massimo”.

Che allenatore è Fonseca?

“È deciso, molto bravo, preparato, sta facendo bene. Ed è una persona molto leale, ti dice le cose in faccia. Che siano positive o negative e questo l’apprezzo molto. Lui e il suo staff sono molto capaci e ogni partita è preparata bene. Penso sia un grande allenatore”.

Un giocatore della Roma che ha avuto un grave infortunio e poi è andato al Mondiale e lo ha vinto è Francesco Totti…

“Francesco è una leggenda, solo a vederlo ti vengono i brividi per quello che ha fatto, per ciò che ha dato. Totti a Roma, ma anche in Italia e nel mondo, è un campione assoluto. Anche come persona è speciale. Dopo gli infortuni mi è stato vicino. Mi ha detto di stare tranquillo perché tutti aspettano il mio ritorno. Però mi ha suggerito di farlo con calma, perché nessuno mi corre dietro”.

Lei ha fatto uno dei gol più belli che si ricordino, quello col Sassuolo, primo gol in A…

“È stata un’azione che ricordo ancora: ho fatto una cavalcata sulla fascia, sono rientrato, ho visto che con la finta i due avversari erano caduti e l’unico modo per far passare la palla era provare il cucchiaio perché erano a terra, uno mi copriva il primo palo, l’altro mi copriva il portiere. E cucchiaio fu”.

Se dovesse prendere una maglietta, una sola, di una partita che ha giocato in carriera quale prenderebbe?

Roma-Porto, la mia prima doppietta in Champions. Emozione indescrivibile: segnare con lo stadio pieno che urla il tuo nome… Non ho dormito per due o tre giorni, ero sempre euforico, non mi rendevo conto di quello che avevo fatto”.

Roma è un punto d’arrivo o una fase di passaggio della sua carriera? Si immagina anche in altre società più avanti?

A Roma sto benissimo, sono in una grande squadra, in una società importante. Sto benissimo, sono amato dai tifosi e io amo loro, la società mi sostiene e non penso a cambiare aria. Non ci sarebbe motivo”.

Fonte: Gazzetta dello Sport

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