In una lunga intervista per GQ Portogallo, Josè Mourinho spiega i motivi che lo hanno spinto a sposare il progetto della Roma tornando in Italia 11 anni dopo il suo addio all’Inter. “Mi volevano molto. La Roma è un club senza trofeo da circa 20 anni, hanno nuovi proprietari con un approccio molto umile. Stanno intraprendendo un nuovo emozionante capitolo della loro straordinaria carriera imprenditoriale e avevano bisogno dell’aiuto di qualcuno con una grande esperienza. Sono stati molto onesti e diretti e hanno sentito subito questa passione che ho per il mio lavoro e quindi non ho dovuto pensarci troppo. Mi hanno davvero toccato con il loro approccio, mi è veramente piaciuto“.
Il tecnico portoghese poi prosegue:
“Non sempre ho scelto il progetto giusto o magari sono stato indotto a scegliere progetti non adatti a me, ho commesso degli errori, ho accettato ciò che non avrei dovuto, ma alla fine è lo stesso. Sono arrivato al Manchester United in una fase di transizione per non dire in decadenza. Sono arrivato al Tottenham la cui storia non è di successo e ora arrivo alla Roma con una nuova gestione e ho sentito subito empatia. Hanno riacceso subito il fuoco e la passione che ho per il mio lavoro e lì vado in un’altra missione impossibile. La chiamo impossibile perché le persone si aspettano sempre il successo da me”.
Un passaggio anche sulle novità del calcio:
“Il Var? Non festeggio più i gol. Dalla mia esperienza, ogni volta che la mia squadra ha segnato, la prima cosa era guardare il guardalinee. Adesso guardo lo schermo o il monitor che ho vicino a me e aspetto, aspetto, aspetto. La Superlega? Ho 58 anni e più di 30 passati nel calcio professionistico, ma sono ancora il ragazzo che giocava davanti casa con le porte fatte con le pietre. Quindi quando qualcuno mi parla di Superlega, preferisco continuare a essere quel ragazzo di strada”.
Fonte: GQ Portogallo
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