José Mourinho parla in conferenza stampa in occasione del media day dell’Uefa in corso a Trigoria. Questo il suo intervento
Torniamo sull’aspetto emozionale, sono rimasto colpito dal rapporto che ha creato con i tifosi. Le piacerebbe poter essere il Ferguson della Roma e pensare ad un progetto a lungo a termine con una piazza che la adora.
Ferguson è stato 20 anni, io per arrivarci dovrei arrivare a 79 anni… Sarà dura, magari fino a 70 ma a 79 sarà difficile. Mi piace essere qui alla Roma, è visibile, si sente, ho accettato un certo profilo di un progetto che dura 3 anni. Dopo vedremo che profilo avrà dopo questi 3 anni. Penso di restare qui questi 3 anni, non sto tantomeno pensando a partire prima di questi 3 anni. Poi vedremo che direzione prenderà, a volte i progetti si avvicinano alle aspettative o si allontanano. Nel calcio conta l’oggi o al massimo il domani. Voglio restare qui anche la prossima stagione, è il modo più obiettivo che trovo per rispondere.
All’orizzonte la sua ennesima finale. Cosa sente di aver già vinto e cosa sente che serve per vincere e portare avanti questo progetto? Un suo bilancio?
Difficile fare un bilancio, è molto difficile rispondere. È una domanda complicata (ride, ndr), non voglio rispondere.
C’è entusiasmo a Tirana, aspettano lei, la Roma e un appuntamento importante per la storia dell’Albania, ma ci sono state polemiche per la scelta della sede e per lo stadio da soli 20 mila posti. In Albania si aspettano Kumbulla in campo, sarà così?
La presenza di Kumbulla è l’unico punto di connessione con l’Albania e i tifosi albanesi devono stare dalla nostra parte, non di là. Se la Roma vince la coppa, c’è un albanese che vince la coppa. Questo deve essere più che sufficiente, devono essere più vicini a noi che al Feyenoord. Senza questo la situazione è ancor più squilibrata. C’è una squadra che gioca una finale venerdì e un’altra a Tirana mercoledì, un’altra che ora va in vacanza, può prepararsi e recuperare, che non ha infortunati e che arriverà al massimo. E’ una situazione squilibrata, magari la presenza di Kumbulla può spostare l’equilibrio. Giocare in Albania per me è un piacere doppio, giochiamo una finale e visito per la prima volta un paese dove non ho mai giocato. Sarà anche una visita di piacere per trovare qualche amico importante. Il fatto che lo stadio abbia pochi spettatori per le dimensioni di Roma e Feyenoord è l’unica nota stonata. Sarebbe piccolo anche uno stadio da 50 mila o 70 mila posti. Se si fosse giocato al Santiago Bernabeu avremmo il sold out ma l’Albania meritano questa opportunità. Ricordo ad esempio che ho giocato la Supercoppa Europea Man Utd-Real in Macedonia del Nord, un evento fantastico per loro, poi una finale di Europa League a Stoccolma… Ci sono paesi che per la loro passione per il calcio meritano opportunità del genere, peccato per i romanisti, ovviamente. Ma sarà bello, principalmente se Kumbulla alzerà la coppa.
Lei e Ancelotti finalisti nelle competizioni Uefa, qualcuno vi ha dato come morti troppo presto?
Penso che il problema con Carlo è che quando tu alleni l’Everton sicuramente non vinci la Champions. Il problema con me è che la gente ha guardato qualche mio lavoro come volto a vincere quando non lo era. Quando si ha una storia di trionfi regolari e quasi ciclica si fanno questi ragionamenti, non è un problema ma non mi sono mai preoccupato di questo. Non penso alla nuova e alla vecchia generazione di allenatori, la qualità non ha nulla a che vedere con l’età. Cosi come i giocatori, ci sono giocatori bravi a 20 anni e a 40 anni. Guardate il gol fatto da Quagliarella a 40 anni, mi piacerebbe che uno dei miei 20enni lo potesse fare. Posso anche dire che quel Quagliarella lì avrebbe segnato un gol al Venezia. Con gli allenatori è così, sei finito solo quando manca la passione e non sentì più un certo tipo di pressione. mi conosco e conosco Ancelotti, ma posso fare altri esempi. Se la passione e la qualità ci sono, siamo noi a decidere quando dire basta. E chi è in attesa deve aspettare ancora, perchè non avverrà presto.
Riterrebbe una beffa restare fuori dall’Europa? Se questo avvenisse, tutto sommato vista la risposta dell’ambiente sarebbe positiva?
Questo rischio esiste, non possiamo dire che è uno scenario impossibile. Esiste e ci sono due finali da giocare, ipoteticamente si possono perdere entrambe. Lo so e lo sanno anche i giocatori, dico che non è una situazione facile da gestire. Sono capace di pensare solo a venerdì e infatti non sono contento del fatto che sto qui a parlare con voi, un intero giorno dedicato alla finale di mercoledì. Non sono felice di fare un allenamento che non è stato allenamento, era una seduta aperta al pubblico, non potevo allenare la parte tattica, non potevo allenare assolutamente nulla, mi sono messo in panchina ad aspettare la fine. E’ stato un allenamento fake, per voi. Non sono contento di questo ma è una realtà. Il rischio esiste ed esistono diverse opinioni su come affrontare questa situazione. C’è gente che pensa che dovremmo dimenticare la partita di venerdì, far riposare tutti e concentrarci sulla finale, che per noi finire tra il sesto e l’ottavo posto, in Europa League o in Conference non cambia nulla. Ci saranno altri che pensano che pensano che il rischio di perdere la finale esista e bisogna puntare tutto sul Torino, ci saranno altri che penseranno di concentrarci al 50% su entrambe le partite. Se mi chiedete quale delle 3 è la filosofia che mi piace di più, è puntare tutto su venerdì, per me è così. Il problema è che non devo essere il solo a pensare in questo modo: i giocatori devono pensare lo stesso, così come il mio staff. È il periodo dei dubbi che non posso nascondere. Non posso nascondere nessuno, guardiamo ad esempio all’allenamento di oggi nell’allenamento. Dico la verità, non abbiamo nascosto alcun giocatore, non c’era nessun giocatore al 100% nascosto per farvi credere che non possono giocare. I giocatori che non c’erano oggi in campo non saranno disponibili per venerdì: Zaniolo, Karsdorp, Mkhitaryan e Smalling non sono disponibili per venerdì. Non è un momento facile, sarebbe stato più facile essere già qualificati in Europa ma siamo in questa situazione e dobbiamo accettarlo. Per come la vedo io, punto tutto su venerdì.
Ceferin ha rivelato che si è mostrato contento della finale: un allenatore della sua caratura è uno spot per questa coppa? Le situazioni degli infortunati?
Mkhitaryan ha avuto quell’infortunio contro il Leicester. Gli serve tempo, non ha fatto ancora un unico allenamento con la squadra. Nessuna possibilità per il Torino, poche per la finale. Zaniolo invece poche per venerdì, penso di più per mercoledì. Ma se le poche possibilità cambiano, penso di farlo giocare venerdì. Smalling è infortunato, c’è lo 0% di possibilità di vederlo in campo venerdì ed è in dubbio per la finale. Di questi quattro Karsdorp è quello che potrebbe recuperare, ma è ancora in dubbio. Riguardo la finale, mi sono emozionato perché più che a me ho pensato più ai tifosi e ai giocatori, magari è stata l’esperienza o il modo in cui uno si trasforma nella maratona della vita. Voglio il trofeo per me stesso, ma è più importante la gente che non vive un momento così da tempo, che i giocatori facciano un primo passo verso una bella carriera. Sono molto meno egocentrico e molto più uomo-squadra. Ovviamente mi piacerebbe vincere per loro, è più importante che dire “ho vinto questo e quello”. Mi piacerebbe aiutare a vincere. Riguardo l’Uefa, quando c’è un cambiamento, c’è sempre gente scettica ma chi corre un rischio va aiutato. E’ una nuova competizione, partita dai playoff e la gente ha visto squadre di paesi minori, tutti a pensare che fosse una coppa di livello inferiore. È necessario che le squadre più forti la prendino sul serio. Se lo fanno Roma, Feyenoord, Marsiglia e Leicester… Se non lo fanno vanno fuori e in finale arrivano squadre senza espressioni. Se non succede questa competizione un’idea brillante diventa un fracasso. Ci sono state semifinali con 70 mila persone allo stadio: l’Olimpico, il Velodrome e lo stadio di Leicester, tutti pieni. La Conference League è importante perché le squadre come noi hanno aiutato la Uefa, sicuramente l’anno prossimo guarderanno la Conference con altri occhi.
Nota differenze tra Roma e le altre piazze dov’è stato prima di una finale?
Sì, sento che è più difficile far concentrare la gente prima della finale. Ho fatto anche degli esempi, prima di vincere la Champions con l’Inter ci giocavamo lo scudetto, se non avessimo vinto l’ultima di campionato non lo avremmo vinto. E si pensava solo alla partita decisiva per il campionato, non a quella dopo. Al Porto è successo esattamente lo stesso. Qui c’è un’euforia generale che si sente e che non aiuta a concentrarsi a una gara importante. E morirò con quest’idea, per me la prossima partita è la più importante. Confesso che non è facile, abbiamo cercato di fare di tutto anche con Tiago Pinto per sistemare le cose, ogni giocatore non si deve preoccupare di aspetti logistici e dei problemi familiari. Ma è qualcosa di più globale, è qualcosa che si sente anche per la strada. La gente non ti sprona per Torino, non si pensa a Torino. Tutto questo nasce dalla gioia di giocarsi una finale e di avere il 50% di possibilità di vincere un trofeo, ma la priorità per me è venerdì, non ho problemi ad ammetterlo. Quello che mi da un po’ di frustrazione è che meritavamo di essere già quinti, ma con tanti punti di vantaggi. Tra arbitri, VAR, errori nostri, errori anche miei, la sfortuna che abbiamo avuto… Dovevamo essere al quinto posto, ma non ci siamo. Venerdì c’è da giocare una gara in modo serio.
A proposito di cose particolari, c’è ancora in ballo matematicamente il quinto posto, ma Sarri ha detto che è una mentalità provinciale guardare a chi arriva prima perché Roma merita due squadre di livello, cosa ne pensa?
Di solito non commento le parole dei miei colleghi ma sono d’accordo. Non si deve guardare a destra o sinistra della posizione in cui si arriva per dire ‘siamo finiti davanti’, è troppo poco. Lo dicevo anche quando abbiamo perso il derby e quando lo abbiamo vinto. È troppo poco ma è cultura popolare, fa parte del calcio e io come allenatore devo imparare questo aspetto. L’ho sempre fatto e ho cercato di farlo anche a Roma. Sono a Roma e quando sei qui diventi romanisti e le cose hanno la loro importanza. Tra il quinto e il sesto posto non c’è differenza, tra quinto e settimo c’è differenza, così come tra quarto e quinto. Questo modo di vedere le cose così non c’è più. La finale è la finale e farà la differenza, se c’è in ballo un trofeo conta di più
A proposito dell’allenamento ‘fake’, Ibanez come jolly ha colpito un po’ e c’era Spinazzola a destra. Il fatto che ha giocato con il Venezia implica qualcosa in ottica Torino e Tirana?
Ibanez da jolly impica che è un giocatore fantastico in tanti aspetti del suo gioco, ma non lo è nello sviluppo, per la visione e nei passaggio. Lì evidenzia i suoi limiti, giocando da jolly ha la possibilità di avere più palla in più situazioni di gioco, anche in zone dove ha pressione intorno a lui e non solo davanti. Questo lo aiuta a pensare e eseguire più velocemente. Cristante lo fa da tanto e onestamente mi sembra migliorato tantissimo. Spinazzola contro il Venezia non ha fatto male, per niente. Le sensazioni sono state molto positive. Peccato per il cartellino giallo che poteva creargli qualche difficoltà nel secondo tempo visto che non era al massimo del suo potenziale, ma ha fatto 45′ senza problemi. Il fatto di essersi allenato a destra significa che adesso non abbiamo Karsdorp a disposizione mentre a sinistra abbiamo soluzioni, abbiamo Zalewski, Viña e anche El Shaarawy se giochiamo con la difesa a 3. A Spinazzola piace giocare a sinistra ma quando arriva un momento di difficoltà dobbiamo fare con quello che abbiamo, se servirà giocherà a destra.