Mancano poco più di 24 ore alla gara che vedrà impegnate Genoa e Roma nel quarto turno di Serie A. Alle 10.00 Daniele De Rossirisponderà in conferenza stampa alle domande dei giornalisti presenti al ‘Fulvio Bernardini’. Queste le sue dichiarazioni:
È una partita di fondamentale importanza, ma il nostro dovere è parlare anche della cronaca. Le recenti notizie danno Zalewski fuori rosa. La cosa è definitiva? Lei è d’accordo? E a cosa serve?
“Definitiva non credo, non penso, è tutto legato al suo contratto in scadenza. La decisione è della Società, che mi è stata comunicata e io ne sono venuto a sapere qualche giorno fa. È tutto legato al suo contratto. Di definitivo nel calcio non c’è niente. Qualora trovassero un accordo per rinnovare il contratto, verrà reinserito. Non lo so, mi fai una domanda a cui non posso rispondere. Mi sono preso sempre le responsabilità quando c’era da spiegare una scelta tecnica o una scelta in merito alla condotta di qualche giocatore. Questo è un discorso che va al di sopra di me. Ne dovete parlare con Nicola, con il suo agente e con la Società. Essendo legato a un contratto in scadenza, se il contratto verrà rinnovato, penso che si tornerebbe alle origini. Questo è quello che credo. Fai una domanda alla persona sbagliata”.
Arriva una partita molto difficile a Marassi. Ci sono due ballottaggi in casa Genoa. Cosa si aspetta dalla squadra di Gilardino?
“Dei ballottaggi non mi fido mai. Perché ci sono tante altre incognite legate alle condizioni fisiche di un giocatore. Ci stiamo preparando a quello che è il Genoa quando affronta una grande squadra. In base alle richieste di Gila negli ultimi anni e a quello che ha fatto vedere negli ultimi anni: una squadra tosta, una squadra ordinata. Lo abbiamo visto anche in casa contro l’Inter, è stata capace di metterla in difficoltà, al di là abbia pareggiato su rigore. Ha una squadra forte, ha perso dei pezzi importanti, ma ne ha altri di qualità come Messias, Malinovsky, Vitinha, Pinamonti, che è un giocatore sempre pronto ad esplodere, ne conosciamo le qualità. A centrocampo hanno grandi calciatori e corridori. Giochiamo su un campo affascinante, per me uno dei più affascinanti d’Italia, in un orario che non mi fa impazzire. Ma andremo lì a fare la nostra partita. Siamo pronti tatticamente e mentalmente”.
Hermoso e Hummels a che punto sono? Potrebbero giocare? E l’assetto tattico potrebbe cambiare con l’ingresso di uno di loro?
“Sicuramente ci danno delle possibilità in più, delle ulteriori varianti. Aumentano la nostra esperienza, avendo dei giocatori che hanno disputato la Champions League così ad alti livelli. Li ho visti, li ho apprezzati, mi avevano detto che stavano bene fisicamente quando li avevo sentiti prima della loro firma e si sono presentati bene fisicamente, questa è una cosa che fa sempre la differenza. Ovviamente hanno bisogno di un po’ di tempo per arrivare al top della condizione, questo lo valuteremo di partita in partita. Sono pronti per giocare, capiremo quanto, se dal primo minuto, se novanta minuti, se fargli fare degli spezzoni. Dalla prossima settimana avremo una partita ogni tre giorni. Ci sarà bisogno di tutti quanti. È quello che dico ai giocatori, è quello che credo sia la verità. Ci sarà bisogno di giocatori e non dovremo stare a pensare al minutaggio, ci sarà bisogno di tutti quanti e di buttarli dentro al più presto”.
Volevo che chiarisse la cosa su Zalewski. Lei ha detto che il fatto di metterlo fuori dal progetto tecnico era legato al mancato rinnovo di contratto. Anche lei da giocatore è sceso in campo con il contratto in prossima scadenza e non ci sono stati problemi. Da uomo di calcio, le sembra giusto?
“Ripeto che non stai facendo la domanda alla persona giusta. Io le mie scelte tecniche le ho fatte anche in merito alla situazione di Nicola. A maggio ho detto che potevo partire perché non avevo visto le cose che volevo. In precampionato ho visto cose totalmente diverse. Non solo dal punto di vista atletico, tecnico, ma anche dai suoi occhi. Era un giocatore più pronto a prendersi le sue responsabilità, l’ho fatto giocare, lo stavo considerando come uno dei nostri giocatori importanti. Però poi sul merito della decisione – visto che non è mia – non mi devo esporre. Come non fu mia all’epoca, ero un giocatore e non mi era stato messo nessun limite alle mie partecipazioni alla squadra. E ho continuato a giocare. Credo abbia fatto così anche lui. Aspettiamo di vedere come si evolve questa situazione”.
Dovbyk come sta? È pronto a giocare?
“È pronto a giocare, giocherà, è un calciatore importantissimo per noi. È il nostro attaccante, ci abbiamo puntato tanto, possiamo solo cercare di analizzare le sue partite e le nostre partite. A Torino abbiamo fatto una buona partita, ma tra il dire dell’essere contenti di aver fatto una buona partita ed esultare ce ne passa. Come quando a Leverkusen lo scorso anno ho detto lo stesso. Per me le grandi partite sono un’altra cosa. Quando fai quella gara lì, non concedendo praticamente niente, ma poi sei un po’ più pericoloso da quello che sei stato a Torino. E sicuramente non dipende da Dovbyk. Se un giocatore viene marcato con due uomini, puntualmente, per tutta la partita con due uomini, significa che qualcun altro può essere più libero a fare gol al posto suo o portargli via un uomo dalla marcatura. Quindi, noi dobbiamo aiutarlo in questo senso qui ad essere meno attenzionato, meno raddoppiato, poi appena si sbloccherà, non si fermerà più”.
Con i tre difensori a impostare la manovra da dietro, quanto serve ancora un regista? Un giocatore come Kone può essere schierato là davanti?
“Kone lo abbiamo scelto per le sue caratteristiche, non solo per il suo ruolo. Lui ha fatto sia la mezzala destra, sinistra, davanti alla difesa con la nazionale all’Olimpiade quando guardavo ogni partita. Ha quelle caratteristiche che cercavamo. Un giocatore così libera gli altri, libera anche noi a poter giocare con elementi ancora più offensivi a centrocampo e per me è una cosa importante. Fermo restando che senza Koné lo scorso anno abbiamo vinto tante partite. Paredes, Cristante e Pellegrini ogni tanto in questa città vengono rispettati meno di quello che dovrebbero essere rispettati. Negli ultimi sei mesi abbiamo fatto sei mesi con due punti di media a campionato, che non era l’obiettivo che sognavamo ma era l’obiettivo in quel momento, con Paredes, Cristante e Pellegrini, Bove, Aouar, Renato e tutti gli altri. Ma Paredes, Cristante e Pellegrini sono giocatori importanti e ci daranno una grande mano. Kone è il giocatore che ho voluto con tutte le mie forze, sarà molto importante per noi, ma intanto rispettiamo quelli che stanno qui a tirare la carretta da tanti anni. E che a fronte di qualche prestazione sottotono, ne hanno fatte tante, tante, fatte bene. Poi, ognuno ha i propri gusti e le proprie simpatie. Ma i nostri giocatori facciamoli sentire amati perché poi ci sono anche i numeri e i numeri dicono che come squadra abbiamo fatto poco perché negli ultimi anni siamo sempre arrivati sesti, ma loro le prestazioni le hanno sempre fatte come gol, come chilometri. Esistono i numeri che non tutti conoscono. Si dice ‘quello non corre, quell’altro è lento’, ma bisognerebbe stampare le schermate dei GPS per vedere chi corre e chi non corre”.
In queste tre partite la Roma non ha prodotto tantissimo a livello offensivo. C’è un’idea tattica diversa che state provando, anche per avvicinare Dovbyk all’area di rigore?
“No, abbiamo provato con più forza qualcosa che avevamo provato anche prima e che non siamo riusciti a fare molto bene. Io non penso che sia legato a Dovbyk, al modulo, o al sistema di gioco. A parte che ci sono dei giocatori che sono appena arrivati e devono unirsi tra di loro, devono conoscersi, devono capire il compagno in che momento vuole la palla, come la vuole. Sono cose che richiedono qualche partita di assestamento. Abbiamo lavorato tantissimo dal punto di vista difensivo durante il ritiro – quello sì – cercando un po’ più di compattezza, cercando di difendere in una maniera più compatta, anche di essere pronti, quando si perdeva palla in costruzione, provando a essere un po’ più blocco-squadra, più blocco difensivo. I numeri dicevano che prendevamo tiri in porta un secondo dopo aver perso palla e questo non poteva accadere. Non penso che abbia influito sul fatto che abbiamo segnato poco. A volte segni poco anche se hai preso 4 o 5 pali in due partite. Può essere questione di centimetri e quando i centimetri gireranno dalla parte nostra, quella compattezza la continueremo a mantenere, ma avremo anche una parte offensiva più proficua e prolifica. Per quanto riguarda Dovbyk, è quello che dicevo prima: bisogna riempire l’area con più gente, così agli avversari un po’ di dubbio gli venga, invece che marcare solo lui. Questo è quello che avevamo chiesto ai ragazzi contro la Juve. Poi, non è facile fare determinate cose ed essere più presenti in area. Ci arriveremo”.
La Roma andrà a Genova per dominare il gioco o lascerà agli avversari qualcosa? Quando il Genoa ha superato il 50% di possesso palla, ha perso in casa con il Verona. Quando ha avuto il possesso palla poco oltre il 30%, ha fatto quattro punti in due partite… E giocare a specchio contro una squadra più debole – 3-5-2 – può essere un’opzione?
“Allora gli lasciamo il possesso palla (ride, ndr). Non sempre è un’opzione giocare a specchio con una squadra più debole sulla carta. Perché, a volte, le squadre che sono più deboli sulla carta tirano fuori delle motivazioni superiori. Più giochi a specchio, più diventa un braccio di ferro uomo contro uomo. Giocando a specchio potresti variare delle caratteristiche, per mettere in difficoltà il giocatore che ti troverai di fronte nel duello. Per quanto riguarda il possesso palla, sappiamo che il Genoa non è una squadra ossessionata dal possesso palla, così come non lo siamo noi. Con l’Inter ha pareggiato all’ultimo: l’Inter aveva dominato tenendo abbastanza la palla. Ogni squadra deve preparare la partita su quello che pensa che sia utile da fare in quella circostanza. Se noi dobbiamo pensare di essere un po’ più pungenti in fase offensiva, e aiutare il nostro centravanti, a volte rimasto troppo solo, secondo me lo possiamo fare tenendo più la palla che meno. La verticalità è la cosa che richiediamo più spesso: con l’Empoli, dopo 10 minuti Artem era in porta due volte proprio perché ricerchiamo questo gioco verticale molto di più rispetto a prima. Non credo che sia un discorso di quanto possesso palla si faccia, ma di cosa si fa quando hai la palla. Alla mia squadra, qualunque essa sia in passato e in futuro, ho sempre chiesto di dominare il gioco. E dominare il gioco significa anche lasciare palla agli altri, decidere di dominare la fase di contropiede, la fase di attacco diretto, di attacco verticale. Non c’è nulla di sbagliato in quello che fa il Genoa. Anzi, a volte è anche molto utile. Basta scegliere chi si vuole essere, che partita si vuole fare e come si vuole andare a fare gol agli avversari”.
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