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IL MESSAGGERO Cagliari-Roma infinita

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(U.Trani) Cagliari-Roma, cancellata il 23 settembre e inizialmente in programma quella domenica allo stadio Is Arenas di Quartu Sant’Elena, rischia di diventare la partita più lunga della storia del nostro calcio. Perché ancora non termina e chissà quando finirà. La Corte di giustizia federale, ieri pomeriggio, analizzando il ricorso del club sardo che contesta lo 0 a 3 a tavolino decretato dal giudice sportivo Giampaolo Tosel, ha preso tempo, chiedendo il supplemento di indagini alla Procura Federale. Toccherà, dunque, a Stefano Palazzi capire che cosa è successo in quel weekend.

La Roma è preoccupata: non si aspettava i tempi supplementari che farà disputare Gerardo Mastrandrea, il capo della C.G.F. Il mancato rigetto del ricorso del Cagliari non è segnale rassicurante. Perché doveva essere scontato: gli articoli 12 e 17 della giustizia sportiva, quelli che hanno determinato l’assegnazione dello 0 a 3 a tavolino, sono inequivocabili e non ammettono altro risultato che la partita persa. Il primo, il 12, si basa sulle istituzioni dello stato: quando sono loro a prendere una decisione, la stessa è sovrana. Il 22 settembre, alla vigilia della gara, fu il Prefetto di Cagliari, Giovanni Balsamo, a rinviare l’incontro per motivi di ordine pubblico dopo le dichiarazioni di Cellino, ritenute irresponsabili nel comunicato. L’altro, il 17 (citato dalla corte pure ieri), indica il presidente del Cagliari come responsabile del mancato svolgimento della gara. Cellino, tra l’altro, è indagato anche dalla Procura della Repubblica proprio per quelle frasi ritenute pericolose alla vigilia della partita che si doveva giocare a porte chiuse, mentre il presidente, scavalcando l’ordinanza della prefettura, invitò i tifosi a recarsi lo stesso allo stadio di Quartu.

La Corte di giustizia federale, però, ha scelto di non decidere. Nel comunicato ammette di non avere chiaro il quadro di quanto accadde a Cagliari, cioè se al club rossoblù sia imputabile la responsabilità oggettiva. E, dichiarandosi non competente sulla valutazione della legittimità del provvedimento della prefettura, ha sollecitato un approfondimento della procura della Figc. I tempi, anche conoscendo il procuratore federale spesso lento di suo, non saranno brevi: Palazzi dovrà procedere con gli interrogatori, da Cellino ai dirigenti giallorossi passando per gli operai che sono al lavoro allo stadio Is Arenas, e acquisire gli atti.Il fascicolo è già aperto dal 24 settembre sulle parole, messe per iscritto in un comunicato, del presidente rossoblu che rischia anche una causa da Sky (risarcimento danni).

Cellino, accompagnato in via Po dall’avvocato Mattia Grassani, ha scelto due strade per arrivare a giocare la partita. Innanzitutto prendendosi tutta la colpa, per spostare l’attenzione sulla sua persona e ottenere la commutazione della sanzione, dallo 0 a 3 a tavolino alla sua inibizione. Insomma invece della sconfitta, la squalifica del presidente. Davanti ai giudici si è difeso impugnando la tempistica del comunicato: inviato da Miami, ma prima della decisione del Prefetto. Nel ricorso al Tar ha invece contestato la composizione prefettizia, non a norma di legge. Alla stesura del dispositivo sul rinvio non c’erano nè il rappresentante del Coni nè quello delle Belle Arti.

Il prefetto Balsamo, dunque, non poteva decidere. La Roma ieri si è costituita davanti alla corte, affidandosi all’intervento del dg Franco Baldini che era affiancato dal legale Saverio Sticchi Damiani e dal consigliere Mauro Baldissoni. Il direttore generale giallorosso ha replicato alle nuove accuse del presidente del Cagliari che un mese fa lo definì avvoltoio: «Sono qui per difendere gli interessi della Roma: la questione personale non mi tocca in alcun modo. Lo sport vince quando le regole sono rispettate». Cellino si era presentato a Roma per e per offendere ancora Baldini «è come il due novembre, porta male: non mi è mai stato simpatico. Lui non è la Roma, una società amica. Ma deve vincere lo sport».


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