(A. Ghiacci/R. Maida) Dal gioco orizzontale di Luis Enrique al calcio verticale di Zeman, finora non è cambiato niente. L’anno scorso, sempre a fine ottobre, sempre dopo otto partite, la Roma aveva conquistato gli stessi punti sul campo (11) con lo stesso numero di sconfitte (3). Ma per certi versi la situazione è peggiorata, perché oggi la Roma ha la peggiore difesa del campionato (16 reti subite, due a partita) e ha giocato cinque partite in casa e tre in trasferta (lo scorso anno erano quattro all’Olimpico e quattro fuori). E la classifica ora aspetta di meno i ritardatari: la zona Champions è già lontana 7 punti, contro i 4 del 2011. E’ logico che adesso i dirigenti – e la stessa proprietà americana, piuttosto irritata – si interroghino su cosa stia succedendo a Trigoria. Non c’è più tempo da perdere: l’Europa è un obiettivo irrinunciabile per la società. Il credito nei confronti di Zeman, che in estate è stato chiamato in fretta e furia dopo il fallimento della trattativa con Montella, non sarà illimitato. La coppia Baldini-Sabatini è inquieta per i problemi di una squadra tremebonda, inaffidabile, confusa. Nessuno pensa che le colpe siano tutte dell’allenatore ma i dubbi sull’applicabilità dei metodi di lavoro zemaniani cominciano a diffondersi. Anche ascoltando le perplessità di diversi giocatori. Se Zeman non cambia velocemente rotta, garantendo alla Roma una crociera tranquilla nell’alta classifica, rischia in proprio. (…)
LA SOCIETA’ Non sarà Parma a stuzzicare l’esonero di Zeman. Comunque andrà domani sera, la Roma non scaricherà l’allenatore. Questo significa che la società è rimasta compatta nel proteggerlo anche dopo la seconda, assurda rimonta da 2-0 incassata all’Olimpico. Ma la forza del muro vacillerà se la squadra non ritroverà in tempi rapidi un’anima che le consenta di evitare il rendimento schizofrenico di inizio campionato.
Zeman ieri a Trigoria ha avuto un confronto con i dirigenti. Si è parlato del male endemico della squadra: quando i ritmi si abbassano, gli avversari straripano. Ci si può coprire un po’, ogni tanto, dimostrando flessibilità. Non solo. Perché è stata stravolta la squadra che aveva trovato un suo equilibrio a Genova? Zeman pensa che siano sempre gli errori individuali, non di sistema, a condizionare le partite, senza contare l’arbitro. Ma adesso la società si aspetta un’immediata reazione a Parma, con un atteggiamento più giudizioso nella gestione della partita e nella valorizzazione delle qualità dei giocatori. Morale: la fiducia in Zeman non è più incondizionata. Anche l’insolito nervosismo di Fenucci, ammonito dal giudice sportivo per «espressioni ingiuriose» nei confronti del nucleo arbitrale sono la spia di un malessere diffuso. Lo si era già avvertito domenica sera, ascoltando le parole Franco Baldini: «Non siamo al canto del cigno. Ma in questo momento sostenere Zeman diventa un po’ complicato». Baldini non aveva mai discusso il lavoro di Luis Enrique, del quale condivideva il sistema di gioco e anche l’indifferenza verso gli arbitri. (…)
IL TECNICO La serenità che deriva dall’esperienza non gli toglie un milligrammo di ottimismo. Zdenek Zeman è pronto a ripartire dalla prima mezz’ora di Roma-Udinese, senza trattare con nessuno, convinto di poter portare almeno a cinquanta-sessanta minuti il livello di gioco che ha prodotto il provvisorio 2-0. «Non dobbiamo gestire, dobbiamo continuare a fare il nostro calcio. Servono calma e concentrazione» ha ripetuto ieri ai giocatori in una riunione di un quarto d’ora (nella sala video) che ha preceduto l’allenamento. Per quanto riguarda la fase difensiva, che ha consentito all’Udinese di calciare sette volte nello specchio della porta (due in più della Roma…), Zeman ha ripetuto alla squadra quanto aveva spiegato ai dirigenti: 1) Il secondo e il terzo gol, al di là del rigore, nascono da un passaggio orizzontale sbagliato davanti all’area di rigore dell’Udinese. E’ proprio quello che il maestro non vuole. Bisogna cercare sempre le linee verticali, per mettersi al riparo dalle ripartenze veloci, rimanendo corti. 2) Una volta perso il pallone, serve la forza di andare a riconquistarlo “attaccando” frontalmente l’avversario, senza concedere metri correndo all’indietro. Nel secondo tempo la Roma («Per paura» secondo Zeman) ha ceduto alla tentazione di indietreggiare invece di contrastare subito il focolaio di contropiede. Infine, anche se il discorso è stato affrontato in altre sedi, Zeman sostiene che il risultato sia stato falsato dall’arbitraggio di Massa. (…) L’alibi per lui vale eccome.
LA SQUADRA L’inizio non è stato così facile come ci si aspettava. Zeman è stato scelto dalla Roma anche perché avrebbe impostato un tipo di calcio in linea con l’idea della nuova società: una proposta di gioco sempre e comunque, voglia e capacità di attaccare, obiettivo vincere divertendosi e facendo divertire. L’organico giallorosso, però, ha subito manifestato qualche imperfezione per essere affidato a un tecnico come Zeman e plasmato sul suo 4-3-3. In più, qualche giocatore ha manifestato le proprie perplessità, sia per il sistema di gioco che per i metodi dell’allenatore di Praga. Burdisso, nonostante sia stato lodato dal tecnico per impegno e professionalità, ha chiesto di poter giocare con la difesa più bassa. De Rossi non ha ancora trovato una collocazione precisa. Pjanic idem: il bosniaco non ha accettato la sostituzione con l’Udinese, uscendo dal campo con una faccia che era tutta un programma. E poi in tanti si erano abituati-adagiati ai ritmi portati a Trigoria da Luis Enrique: niente ritiri, nessuna doppia seduta di allenamento, un clima che non c’è più. Con Zeman, neanche a dirlo, è cambiato tutto: presente i ritmi di lavoro imposti dal boemo tra fondo e gradoni? E poi le carenze in alcuni ruoli chiave come gli esterni, difensivi e offensivi. La Roma, questa Roma, è adatta per un allenatore come Zeman? E il gruppo sta seguendo fedelmente tutte le direttive? Sono le domande che a questo punto necessitano di una risposta veloce. (…)
L’AMBIENTE Tutto nuovo, si riparte. Purtroppo però, l’effetto Zeman è durato poco. E così, dopo soltanto quattro mesi di lavoro, la Roma si ritrova a dovere fare i conti con i malumori dei propri tifosi. Troppo dura da mandare giù un’altra rimonta ai limiti dell’immaginabile come è stata quella contro l’Udinese di due giorni fa. E troppo simile il rendimento della squadra di Zeman rispetto a quella di un anno fa guidata da Luis Enrique: se si esclude il 3-0 a tavolino di Cagliari, in 8 partite i giallorossi hanno raccolto 11 punti, proprio come la scorsa stagione. Differenza reti? Tra fatte e subite la squadra attuale ha un gol di vantaggio: -1 rispetto al -2 di Lucho. E allora il pubblico giallorosso, rappresentato dagli azionisti nell’assemblea di ieri pomeriggio a Trigoria, ha già manifestato il proprio dissenso. Non solo con i fischi, già sentiti alla stadio in più di un’occasione, ma anche e soprattutto con i mezzi più comuni oggi: blog in rete e interventi sulle frequenze dell’etere romano. Ieri è stato un continuo, anche nei classici punti di ritrovo come bar o edicole: dubbi, critiche, delusione palpabile. «E’ colpa dei giocatori». «No, si sapeva che con Zeman sarebbe andata così». «Certo che se l’arbitro non avesse dato quel rigore, almeno un pareggio magari l’avremmo ottenuto…». In generale: sconforto per un avvio molto al di sotto delle aspettative e una classifica che dopo nove giornate parla già di un distacco di 11 punti dalla vetta della classifica e di 7 dalla zona che vale l’accesso alla Champions. Sconforto, quindi. (…)