Ancora una sconfitta, che sfata una delle poche tradizioni positive – quella del Tardini – resistita fino a ieri; nemmeno la Roma di Luis Enrique era riuscita nell’impresa di non vincere in un campo amico. Continua, in compenso, a segnare Francesco Totti contro il Parma, realizzando la sua rete numero 300 in carriera: rete che ancora una volta non serve, purtroppo, ai fini del risultato. Ancora una volta una rimonta subita, dopo l’iniziale vantaggio di Erik Lamela, che aveva volto la partita nella direzione giusta fin fa subito; e che il campo non sia una scusante, perchè i giallorossi hanno perso la gara nel momento in cui il terreno sembrava reggere meglio, per poi naufragare nella seconda frazione, al contrario dei padroni casa. Gare del genere, come sostiene Donadoni, si vincono con la voglia, i calciatori devono avere ‘quel qualcosa in più’: ecco, oltre ai pessimi spunti tattici che emergono dagli ultimi 90 minuti, i calciatori mentalmente durano per non più di una breve frazione di gara anche psicologicamente.
Totti, da vero leader, ha voluto difendere il suo tecnico dopo l’ennesima disfatta, ma il compito è arduo. E’ vero che i calciatori non seguono Zeman, lo si nota in ogni situazione: terzini che non accompagnano l’azione con i giusti tempi, centrocampisti che si schiacciano sulla linea difensiva, attaccanti immobili come Osvaldo, ma, soprattutto, una squadra che non attacca, concetto assolutamente lontano dal gioco zemaniano. Il Boemo potrà ritenersi felice avendo dimostrato che la sconfitta non dipende assolutamente dalla presenza in campo di Tachtsidis, giovane greco contro cui è stato facile prendersela, e che De Rossi non è un regista. Il numero 16 non ha i tempi del centrale, non riesce ad interpretare i movimenti nel modo giusto, e sembra aver perso anche la sensibilità nel proprio piede; una prestazione disastrosa.
Inspiegabile la decisione di schierare Dodò dal primo minuto su un campo così pesante, alla seconda partita consecutiva dopo 11 mesi di assenza dai campi di gioco. Così come appare inspiegabile la gestione dei cambi da parte del tecnico: il terzino brasiliano, sfinito ed in difficoltà costante, sarebbe dovuto uscire prima per far spazio a Marquinho, più pesante ed adatto al campo; Osvaldo non è mai stato in partita, e, nonostante Bradley sia stato il peggiore in campo, con la Roma in svantaggio sarebbe stato più giusto fa entrare Destro. Stekelenburg, che zoppicava vistosamente, doveva essere sostituito subito, senza aspettare l’intervallo.
LA TATTICA. Ancora 4-3-3 per la Roma, contro il 3-5-2 scelto da Donadoni. Il tecnico avversario ha scelto di infoltire da subito la metà campo, per creare maggiore densità e pressare i centrocampisti giallorossi lasciando loro pochissimi spazi. La partenza di Totti e compagni è forte e porta subito al vantaggio targato, neanche a dirlo in queste giornate, Lamela: l’argentino sfrutta un errore di Zaccardo, anticipando Gobbi, e piazza col sinistro sul secondo palo. Il numero 8 appare subito ‘in palla’ e i compagni lo cercano sempre; purtroppo lo accompagna poco Piris, lasciandolo spesso stretto nel raddoppio degli avversari, e anche Bradley non riesce a dargli il giusto appoggio.
Poi, dopo 15 minuti, il Parma alza il pressing, ed inizia la sofferenza romanista. Prima va vicino al goal Parolo, sfruttando una situazione simile a quella che a Genova portò alla realizzazione Kucka: in questa situazione l’errore è di De Rossi, che si schiaccia troppo sulla linea dei difensori, abituato ancora ai movimenti Enriquiani, e lascia al centrocampista lo spazio per tirare. La Roma gestisce malissimo il possesso palla, a partite da Stekelenburg, che, infortunato, non lancia mai la palla su Osvaldo per far salire la squadra, ma appoggia sempre su Piris, che gioca nell’unica zona di campo impraticabile fin dall’inizio. Il 9 romanista e Totti, intanto, cercano di scambiarsi posizione, per ingannare i rispettivi marcatori, che non sembrano soffrire particolarmente la situazione.
L’infortunio di Amauri è la chiave che però trasforma il Parma: al posto dell’italo-brasiliano entra Belfodil, giocatore con caratteristiche adatte al campo, che mette da subito in difficoltà un Castan non in giornata. Proprio il francese realizza il pareggio, sfruttando un triplice errore difensivo: prima sbaglia Dodò, che tenta l’anticipo con il piede sbagliato (il sinistro) ciccando il pallone, poi Castan, pur potendo tentare l’anticipo, si fa spostare dall’attaccante avversario, infine Stekelenburg completa l’opera, uscendo in ritardo per colpa di un infortunio. L’azione nasce dalla fascia destra degli avversari, grazie ad un’intuizione di Donadoni. L’ex ct azzurro, avendo notato le difficoltà di Dodò, alza molto Rosi – che si trasforma in un giocatore per l’occasione – e allarga Biabiany, per creare superiorità numerica.
Proprio da questa situazione tattica nascerà anche la rete del vantaggio gialloblu: spunto sulla solita fascia del duo Biabiany-Rosi, palla per Parolo al centro, che segna una rocambolesca rete. Errore della difesa, a partire da Castan, che sbaglia ancora il fuorigioco in partenza. La reazione è affidata sempre a Lamela, che riesce con una magia a servire, allo scadere, una palla incredibile ad Osvaldo, che sbaglia: il 9 sbaglia la seconda prestazione consecutiva, ed è lecito chiedersi se riusciremo a vedere Destro contro il Palermo.
Nel secondo tempo è difficile trovare reali spunti tattici, per via della pessima condizione del terreno di gioco, ma bisogna rendere merito a chi, come Lamela, Piris e Totti, ha cercato di combattere fino all’ultimo. Bisogna altresì ammettere che giocatori come Castan, De Rossi e Osvaldo sbagliano completamente partita, con Daniele colpevole in occasione dell’avvio dell’azione della terza rete del Parma, che chiude la partita.
ANALISI ATLETICA. Pessima condizione di Dodò, a cui manca la condizione necessaria per giocare più di mezz’ora. Il brasiliano sbaglia passaggi (43% passaggi realizzati), non sale in appoggio a Totti, non difende soffrendo Rosi, non il primo della classe. Buttato così nella mischia si rischia di perderlo. Meglio Marquinho, come già detto nel ‘5-5-5’ della scorsa partita, più pronto fisicamente, che sembra anche a suo agio nella posizione di terzino.
Florenzi è però l’esempio di chi non ha il fisico da ‘campo pesante’, ma con la cattiveria riesce a sopperire a questo limite; ancora una volta è tra gli ultimi ad arrendersi, ed è fondamentale quando aiuta Dodò, visto che senza di lui, lì, la situazione poteva essere peggiore. Una condizione fisica invidiabile, che gli consente di recuperare anche 10 palloni.
Sbaglia tutto Osvaldo, immobile sul centrosinistra dell’attacco, perde addirittura 8 palloni: lo specchio della sua partita è in un lancio sbagliato clamorosamente verso Lamela, che uno come lui non deve sbagliare. Proprio Lamela è l’unica nota lieta di questi 90 minuti, il migliore in campo sotto ogni aspetto. Aiuta Piris, attacca solitario in più di un’occasione, recupera 8 palloni, vince 12 contrasti e fino alle fine corre e combatte: le partite come questa si interpretano proprio come ha fatto lui, peccato che non l’abbia capito la maggior parte dei suoi compagni.
Il dato preoccupante è, comunque, la complessiva pessima condizione mostrata dai giallorossi su un campo pesante. Bisogna pensare che anche gli avversari hanno giocato, e vinto, sullo stesso terreno, sovrastando atleticamente la Roma; gli allenamenti di Zeman, notoriamente duri, dovrebbero preparare i calciatori anche a queste situazioni, ma è evidente che ora al Boemo non sta riuscendo nulla, nemmeno la preparazione.
A cura di Luca Fatiga