(M. Macedonio) – Manca, la sua mano in curva Sud. La mano di Fausto Iosa. Quella mano che, da grande artigiano tappezziere qual era, sapeva confezionare tessuti nel suo negozio di via Merulana, ma anche realizzare coreografie e spettacoli rimasti negli occhi e nel cuore dei tifosi romanisti. È lui, dopotutto, che li ha inventati. E oggi che non c’è più, perché due anni e mezzo fa il male che lo affliggeva da tempo se l’è portato via, resta il ricordo di quelle immagini, attraverso il racconto degli amici, come ha saputo fare Vittorio Trenta su queste stesse pagine, e le parole del figlio, Mario. Che da grande tifoso qual è a sua volta – è presidente del Roma club Esquilino, associato all’AIRC – ha ripercorso per noi alcune delle pagine legate a quegli anni, e ai derby in particolare. «Ricordo che i primi in cui mio padre si trovò ad organizzare delle coreografie risalgono alla prima metà degli anni ’70. Erano novità assolute per quei tempi, perché mai prima di allora si era realizzato qualcosa che coinvolgesse tutta la curva. La prima coreografia fu fatta proprio in occasione di un derby. Ero ragazzino, ma la ricordo bene perché era composta di tutti palloncini, con i fumogeni messi all’interno del fossato. Ricordo anche quella dell’anno successivo, o forse era il derby di ritorno, quando fu allestita la scritta “Forza Roma” ricorrendo ai giochi pirotecnici. Era quella del “Marozofra”, nome che fu scelto perché chi avrebbe dovuto preparare i fuochi era tifoso laziale e non si voleva che sapesse a cosa servisse la scritta. Tra l’altro, erano gli anni di piombo, quelli che precedevano il rapimento Moro, e non fu facile, anzi addirittura pericoloso, visti i controlli nelle strade, trasportare quel materiale dalla Ciociaria in una Roma blindata. Ricordo un altro derby, anche quello con i palloncini, ma in quel caso raggruppati tra loro a mo’ di mongolfiere che avevano al di sotto dei fumogeni. Alzandosi, andarono tutte verso la curva Nord riempiendola di fumo giallorosso. Un effetto bellissimo…».
Un’organizzazione che coinvolgeva tanti ragazzi e, soprattutto, si protraeva per lungo tempo. «Le idee partivano principalmente da mio padre, anche se a volte poteva esserci il contributo di qualche altro ragazzo. Si cominciava a parlarne mesi prima e tutto avveniva con la cooperazione del gruppo. Tra l’altro, i mezzi erano quelli di allora – parliamo di trent’anni fa – ben lontani da quelli tecnologici di oggi. Io avevo dieci-undici anni, ma partecipavo come tutti in prima persona. Ero sempre il primo a sapere da mio padre in cosa sarebbe consistita la coreografia, anche se c’era l’impegno a non dire nulla a nessuno. Spesso, neanche le persone che ci lavoravano sapevano come sarebbe stata o cosa stesse realizzando ognuno di loro. Mi piace ricordare, oltre alla passione che ci mettevano mio padre e tutti i ragazzi, anche il supporto che ci veniva dalla società: penso a Gilberto Viti, a Umberto Esposito e a Maurizio Cenci. Così come ci hanno sempre sostenuto i presidenti di quegli anni, da Anzalone a Dino Viola. Senza l’aiuto dei quali non si sarebbe potuto realizzare nulla. Anche se va detto che i primi a tassarsi erano i tifosi, con il “bussolotto” che veniva riempito allo stadio, tenendo conto – quando si andava in trasferta – che c’era da aggiungere qualcosa per organizzare i pullman».
Un mondo, e soprattutto un calcio, che sembra così lontano da quello di oggi.«C’era un entusiasmo incredibile – continua Mario Iosa – se si pensa che si riusciva a coinvolgere ventimila persone. Nessuno lo aveva mai fatto prima. La stessa tifoseria della Lazio cominciò ad organizzare una coreografia al derby solo dopo sette o otto coreografie allestite da noi. Di sicuro, la sola preparazione di quegli spettacoli faceva sì che si organizzassero riunioni su riunioni, tra i club e i circoli, affinché tutto riuscisse in modo perfetto. Ognuno doveva stare al suo posto, con la consegna di non fiatare con nessuno. Le coreografie più riuscite? Quelle con i palloncini, perché sono state le prime, e certamente anche il “Forza Roma” pirotecnico. Sono belle anche quelle più recenti, anche se è più facile colorare la curva. Ce n’è piuttosto una che mi è rimasta qua, perché non riuscì. Risale all’anno prima che ci si trasferisse al Flaminio per i lavori all’Olimpico in vista dei Mondiali del ’90. Doveva essere quindi l’88/89, quando si fecero tre coreografie in uno stesso derby: quella dei ventagli, che si aprivano e si chiudevano e riuscì in modo straordinario. Ancora oggi mi piace rivedere le foto in cui è possibile apprezzare la perfezione di quei movimenti, con la divisione al centro della curva e con un effetto scenico sbalorditivo. All’inizio del secondo tempo ci fu poi quella “sonora”, con i guanti di plastica che venivano percossi contemporaneamente, e anche quella funzionò benissimo. Non riuscì invece quella delle due mongolfiere che dovevano alzarsi con al centro lo striscione che recitava “Una città, una squadra: Roma”. Ma una delle due mongolfiere non si alzò, perché aveva uno squarcio, e la cosa riuscì quindi a metà. Peccato».
Derby, ovviamente, ma non solo. «Mi tornano in mente anche le tante realizzate in occasione di altre partite. Come contro la Juve, nell’86, o nelle gare di Coppa dei Campioni, nell’83/84, a cominciare dalla prima, contro il Goteborg, con la scritta “Avanti campioni” realizzata con tante lampadine che si accendevano e si spegnevano. Un’occasione, la realizzazione di quegli spettacoli, per creare un gruppo che lavorava insieme per due o tre mesi. In cui ci si vedeva tutti i giorni, in cinquanta o anche più persone, che era quindi anche un modo per socializzare e crescere insieme».
Da tifoso, anche Mario non può non confessare come stia vivendo l’attesa per il derby di domani. «Come sempre, con un’ansia tremenda. Anche se ripeto ogni volta che il derby è bellissimo vincerlo, ma per la tensione che comporta, preferirei quasi che non si giocasse mai. E che la Lazio non esistesse proprio. Quanto a quello di quest’anno, spero che tutte le azioni da gol che non siamo riusciti a realizzare in queste prime partite, e tutto il gioco che abbiamo prodotto, ma nello stesso è stato vanificato da errori individuali, possa trovare il modo di compiersi in questa partita, ribaltando quanto è accaduto di negativo fino ad oggi. Penso che siamo superiori alla Lazio, e allora, anche se il calcio è oggi soprattutto casualità, dico che se non fiducioso, perché il derby è sempre il derby, sono però speranzoso. E mi auguro che tutto vada come deve andare. E Forza Roma».