(M. Izzi) – Il presidenteClaudio Lotito, forse annoiato dalle vicende della S.S. Lazio, sembra avere un interesse smisurato per i colori giallorossi e questo vivo entusiasmo, lo porta a dissertare in lungo e in largo sacrificando dei momenti di riflessione che sarebbero opportuni. Occorre comunque sottolineare che nella lunga storia che ci separa dal giugno 1927 questa non è certamente la prima (e tutto lascia intendere che non sarà l’ultima) volta che i presidenti di Roma e Lazio si affrontano dialetticamente. Appena il tempo di brindare alla nascita della grande Roma e il 9 giugno 1927 ecco che il fuoco d’artiglieria inizia. Giorgio Vaccaro, neo vicepresidente della Lazio, si dà un gran da fare, rilasciando interviste ai principali quotidiani capitolini dell’epoca, per spiegare che la Lazio non è entrata nella grande fusione che ha dato vita alla Roma per responsabilità dei dirigenti del neonato sodalizio capitolino. Ne seguirà una polemica a colpi di articoli dalla quale emergerà che la Lazio aveva sì cercato di entrare nella fusione ma rifiutando di partecipare ai costi dell’operazione accollandosi, al pari delle altre società fondatrici, il debito consolidato dei vari club coinvolti (fino al 6 giugno Fortitudo-Proroma e Alba-Audace, mentre il 7 giugno, acquisita la rinunica della Lazio, si aggiunse il Roman Football Club). Altra “bazzecola” a causa della quale venne interrotta la trattativa fu il nome della società. Da una parte Italo Foschi aveva scelto quello di Associazione Sportiva Roma, dall’altra la Lazio chiedeva di acquisire la denominazione di LazioFortitudo. E dunque? Tanti saluti alla Lazio e a Giorgio Vaccaro. Altro diverbio incandscente che vide protagonisti Renato Sacerdoti e il presidente laziale Remo Zenobi, scoppiò nell’ estate del 1950. La Roma aveva puntato un giocatore del Bari, Sentimenti V. Si trattava, del fratello del più noto Sentimenti IV. La Lazio venne a conoscenza della trattativa e decise d’intromettersi, riuscendo a far saltare l’affare. La Roma digerì malissimo quest’interferenza. Durante un incandescente Consiglio d’Amministrazione, il Vice Presidente della Roma, Meloni, fece notare che il club giallorosso non aveva mai interferito su giocatori vicini ad accasarsi alla Lazio, mentre i “cugini” non avevano usato eguale riguardo. Lo scontro, in due anni, arrivò a lievitare così tanto, che quando al termine della stagione ’51- ’52 la Lupa tornò in serie A, cominciarono ad essere sollevate delle preoccupazioni molto forti per il mantenimento dell’ ordine pubblico. Fu deciso dunque di disputare, il 7 settembre 1952, un derby amichevole, che venne ribattezzato: “Derby dell’amicizia”. Speriamo che l’amicizia duri ancora, ma certamente non è mancata l’invidia.
A suggerirci questa riflessione il comportamento di Umberto Lenzini. Ferma rimanendo la simpatia del personaggio, certamente uno dei dirigenti che più ha dato alla causa laziale, e che ha segnato un momento irripetibile della storia di queslla società … beh, fermo restando questo, Lenzini, per usare un eufemismo, non era un grande esperto di calcio. Per questo, dopo che la Roma ebbe acquistato Roberto Pruzzo, ebbe a dichiarare, non sappiamo con quale convinzione, che: «Pruzzo nella Lazio farebbe panchina». Getano Anzalone, con grande garbo e con lo stile che ha sempre contraddistinto questo presidente, rispose spiegando che Pruzzo era il migliore attaccante italiano e che non avrebbe fatto panchina in nessun club italiano o europeo. Chiudiamo in modo telegrafico con Franco Sensi, quelle con Cragnotti non erano polemiche, solo, di tanto in tanto, con la sua ironia schietta e pungente, il presidente della Roma ricordava al patron della Cirio che l’alleanza, contro il “cartello” dei club del Nord e per realizzare uno stadio di proprietà per la Roma e la Lazio, richiesta da qualcuno a gran voce, aveva visto la Lazio defilarsi prima che il gallo avesse cantato tre volte.