(T. Carmellini) – All’appello manca un capitano: quello del futuro. In questo avvio disastroso della nuova Roma targata Zeman, in mezzo ai dubbi tattici, alle scommesse sbagliate, a un mercato non completamente a fuoco, c’è anche l’assenza di uno di quelli che doveva essere un punto di riferimento dei giovani: Daniele De Rossi.
Sarebbe riduttivo e non corretto nei confronti di un giocatore che in passato ha dato tutto alla causa pensare che il problema di questa Roma sia «solo» lui. Ma è altrettanto innegabile che il centrocampista di Ostia, nonostante le sirene francesi continuino a suonare («Quelli bravi come lui piacciono al Psg» ha detto ieri Lavezzi), non sta rendendo per quello che vale e soprattutto non sembra sentirsi coinvolto in questo nuovo corso. Quel «annamo a vince‘» mandato via sms a Borriello tre anni addietro, sembra ora lontano anni luce. E qui entra in ballo la parte di responsabilità che grava sulle spalle di Zeman: perché se hai uno come De Rossi e fai l’allenatore di una squadra di calcio, il tuo compito deve essere quello di farlo rendere al massimo. Per Zeman, è ormai arcinoto, De Rossi non è un centrale di centrocampo.
«Non mi ha mai chiesto di giocare lì» dice il boemo: inconfutabile fino alla smentita dell’interessato. Evidente che il giocatore non stia vivendo un momento di grazia, anche se le ultime uscite in nazionale prima dello stop per il codice etico indicavano esattamente il contrario. La domanda, lecita è: perché De Rossi non rende solo quando indossa la maglia della Roma? Di mezzo forse c’è un modulo che non condivide, un ruolo che non sente suo e una convinzione in quello che fa che arriva solo a tratti: e male. Vedi derby. I numeri non tradiscono mai e dicono che De Rossi non ha mai fatto peggio della stagione in corso. La sua media voto in campionato (Gazzetta dello Sport), analizzata dal primo anno «vero» tra i grandi (2003/04, ultima stagione targata Capello) è stata abbastanza costante, senza picchi clamorosi, ma con un paio di «buchi neri» che comunque non hanno mai toccato il 5,44 delle nove gare giocate quest’anno. Il trend racconta chiaramente come De Rossi riesca a dare il meglio quando si sente al centro del progetto. Nei quattro anni con Spalletti per esempio, il suo rendimento medio stagionale non è andato mai sotto la sufficienza, così come per la prima stagione targata Ranieri: 6,15. Anno nel quale però non ebbe un grande andamento globale, ma segnò molti gol. L’ultimo con Ranieri fu in calo e non arrivò al voto positivo, prima del nuovo guizzo: stavolta con Luis Enrique. Con il tecnico asturiano De Rossi aveva trovato l’alchimia giusta e pur nel fallimento complessivo la sua prima parte di stagione fu nettamente al disopra della media: costretto a giocare un po’ ovunque… insomma a fare il De Rossi. Si era sentito responsabilizzato e aveva dato il meglio, cosa che non gli riuscendo quest’anno forse complice anche un tecnico che non è stato capace di farlo rendere. Alla fine basterebbe solo parlarsi, ed essere «tutti» un po’ più umili. L’occasione ci sarà già oggi, al rientro dopo i due giorni (discussi) concessi da Zeman dopo il derby. Sarà il momento di ritrovarsi e provare a guardarsi negli occhi per uscire insieme dalla crisi.