(A. Serafini) – Tanta rabbia tra così tanta gioia da rendere il divario estremamente sottile. Probabilmente sarà stato un sentimento unico, quello percepito da Simone Perrotta nella corsa verso i suoi, ieri più che mai, milleduecento tifosi romanisti presenti al Franchi.
Una liberazione, che pone fine ad un incubo iniziato quest’estate: poche ore dopo che Zemanavesse varcato per la seconda volta nella sua carriera i cancelli di Trigoria. Ma le cose cambiano, prendono pieghe diverse anche quando che si indirizzino verso una sola possibilità. Perrotta non parla a fine gara, preferisce chiudersi nel silenzio e godersi quel destro finito alle spalle di Pegolo, che ha permesso ai suoi compagni di tornare nella capitale con tre punti che chiudono altrettante vittorie conseutive. Lo stesso silenzio percepito sei mesi fa, quando la squadra partiva per il primo ritiro di Riscone e il centrocampista campione del mondo rimaneva a Trigoria, fuori da ogni tipo di progetto: tecnico e tattico. Il rifiuto di qualche offerta arrivata sulla scrivania di Sabatini e l’estrema convinzione di tornare ad essere ancora utile: anche a stagione in corso.
E nel giorno della sua 391/a presenza in Serie A (la numero 235 con la maglia della Roma), la porta si riapre di fronte ad una stagione ancora tutta da definire. Il gol mancava da 589 giorni, in quella nefasta serata in cui la Roma di Luis Enrique si presentava all’Olimpico uscendo dall’Europa League con lo Slovan Bratislava. E tra attese, speranze e un comportamento ineccepibile, da qualche tempo la considerazione nei suoi confronti è cambiata: soprattutto da parte di chi probabilmente non ne aveva mai avuta.