(T. Cagnucci) – Controllo con l’interno sinistro, tiro di destro, botta in diagonale, la palla non è così veloce da non farsi vedere e accompagnare durante la traiettoria che finisce in rete, ma poi diventa il La per un’altra parabola, un’altra sarabanda di umanità, di calcio, di antichità:goooooooooool. La parte più bella arriva adesso, dopo questo improvviso e provvisorio 2-1 che fa immediatamente luce sul buio sopra questa città toscana ostile. Goooooooooooooool.Urlato a tonsille in fuori in una corsa a perdivocale fino al limite del mondo che in quel momento è una vetrata tra campo e tifosi, in quella zona di confine tra palco e realtà dove ha ancora senso il calcio, in cui si mischiano le ragioni dello spettacolo, del campo, del gioco e quello dei sentimenti. Simone Perrotta ci arriva dopo mille metri corsi in due secondi, un anno e cento gorni dopo (465 per la precisione, tanti ne sono passati dalla sua ultima rete in A, col Chievo il 23 aprile 2011) lasciandosi dietro le mani dei compagni protese ad abbracciarlo e a strappargli la maglia che lui non s’è mai tolto, le chiacchiere e i de profundis di chi lo aveva catalogato come finito. “Levatevi!” fa con la mano. E corre fino a quel vetro, lo stesso posto destinazione Paradiso, dove sei anni fa tracimò il Mare di Roma, Daniele De Rossi. La bellezza della vittoria della Roma di ieri sta soprattutto nell’esultanza ragazzina di Simone Perrotta da Ashton provincia di Calabria, ma ormai di Roma e basta. La copertina, il titolo, l’editoriale se li prende lui.
E’ il minimo per chi regala – perché le vive – emozioni di un calcio che non c’è più. Vecchia Roma sotto la luna che non canti più (quando riapriranno le trasferte per tutti? Quando toglieranno le tessere anche alle corse come quella di ieri di Perrotta?). Vecchia Roma che è una canzone infinita suonata ogni volta da Francesco Totti (ma lui non ha età) ma non è quella che ha vinto ieri a Siena. Non chiosatelo così questo Siena-Roma 1-3, terza vittoria consecutiva, e su un campo dove aveva vinto solo la Juve e dove non ci segnava praticamente mai nessuno. Un anno e cento giorni dopo il gol di Perrotta al Chievo (1-0) di quella Roma a Siena c’erano proprio soltanto Perrotta e Totti (Doni, Cassetti, Burdisso, Juan, dal 40’st Loria, Riise; De Rossi, Pizarro, Menez, dal 34’st Taddei; Perrotta, dal 29’st Brighi; Vucinic, Totti. A disposizione: Lobont; Castellini; Simplicio; Borriello. Allenatore: Montella). Un anno e cento giorni sono niente ed è cambiato quasi tutto: ieri c’erano Marcos che è del ’94, Pjanic (’90), Florenzi (’91) come Destro (finalmente un ex che esulta ai gol) che segna di testa e di sinistro, e mancava un titolarissimo come Lamela (’92). Vecchia e nuova Roma, guidata da un vecchio e nuovissimo allenatore. C’è tutto. Siamo alla sintesi (il numero 3 di cui ha parlato Totti). Vecchia e nuova Roma, perché quella che ha vinto ieri, in quella corsa di Simone Perrotta, è ciò che va oltre il tempo e la fa eterna: il sentimento di chi l’ama.