(G.Giubilo) – Senza rancore. Come una parola d’ordine in questo incrocio di destini, di ricordi, di nostalgie, di amicizie tradite e di amicizie consolidate, di episodi e cammini diversi, di protagonisti storici e di eroi occasionali.
Tutto questo racchiude l’anticipo della tre giorni di campionato nella quale, per una volta tanto, non sono soltanto i risvolti sentimentali o le annose rivalità a determinare lo spessore della sfida. C’è di mezzo una classifica da onorare, per la Roma e soprattutto per la Fiorentina, ci sono le comuni ambizioni, tutt’altro che modeste, a regalare visibilità alla sfida dell’Olimpico. Vincenzino Montella rischierà di sbagliare panchina, quando uscirà dal tunnel per camminare sul tartan dell’impianto romano. Proprio lì aveva intrapreso la sua nuova avventura da allenatore, lui che faceva a pezzi le difese avversarie e avrebbe dovuto adattarsi a studiare per illanguidire le propensioni offensive degli avversari di turno, in quel finale di campionato che non gli avrebbe procurato la conferma, un’occasione da cogliere, la panchina del Catania, subito la conferma in Serie A dopo la partenza dai bambini piccoli in giallorosso. Non sarà il solo, il tecnico che attualmente difende un prestigioso quarto posto in classifica, del quale pochi lo avrebbero accreditato in avvio di stagione. Purtroppo non ci sarà il «Pek», David Pizarro, tornato in Cile per la scomparsa della sorella, lui avrebbe tenuto tantissimo a questa rivincita, perché l’addio alla Roma non era stato segnato da abbracci affettuosi e da auguri sinceri.
Troppe ruggini nelle ultime stagioni, dai capricci alle rappresaglie, difficile dire chi avesse realmente ragione, in questa diatriba che minacciava di diventare stucchevole. E poi un altro ritorno, forse il più sentito, perché a Roma Alberto Aquilani è nato e cresciuto, dalle giovanili alla maglia da titolare, con la sola breve parentesi con la Triestina. Poi tanti infortuni, la vera svolta legata ai problemi economici della società, la cessione al Liverpool per un’avventura che non avrebbe avuto sviluppi gloriosi. Una stagione con la maglia del Milan, poi l’occasione offertagli dal vecchio amico Montella, il rilancio con la maglia viola, la scoperta di ambizioni quasi da sogno. Infine Luca Toni, un amore troppo breve con i colori giallorossi, contributo apprezzabile, addio senza traumi. Dunque quattro amici animati da sentimenti poco fraterni, tra campo, panchina e schermo tv, a meno non si debba pensare a «fratelli coltelli», slogan caro alla Roma dell’Ottocento.
Ma, guardando indietro, tra gli altri vincoli occasionali tra Roma e Firenze, spicca il gigante:Gabriel Batistuta, protagonista del terzo e ultimo scudetto conquistato dai giallorossi, i suoi gol a esaltare la formazione di Fabio Capello. Buffo che a soffrire troppo spesso in panchina, attendendo sostituzioni che si sarebbero rivelate felicissime, ci fosse proprio l’aeroplanino, che ora chiude dunque il cerchio dei ricordi. Da verificare se Montella diventerà intransigente, nei confronti dei suoi discepoli, come lo era Don Fabio verso chi era incline alla pigrizia. Altre storie di ex, quella che i romanisti hanno faticato molto a digerire riguarda sicuramente il gol di Roberto Pruzzo nello spareggio di Perugia per un posto in Europa. Ma quel «tradimento» avrebbe tolto esiguo spazio alla dimensione che il bomber si era conquistato nel cuore dei tifosi. Infine una curiosità: la Fiorentina, a Roma, avrebbe regalato uno spicchio di gloria a uno dei più singolari protagonisti del passato giallorosso, fine Anni Novanta: il giovane argentino Bartelt, due gol ai viola e promesse che, purtroppo, sarebbero rimaste senza seguito.