Il cambio di passo, lo hanno confermato gli stessi protagonisti giallorossi senza farne mistero, è arrivato dopo la sconfitta nel derby, che aveva aperto l’ennesima crisi tra dirigenti, allenatore e squadra. Riunioni, colloqui, scambi di vedute: dal quel momento la Roma ha fatto quadrato e i risultati positivi hanno dato lo slancio necessario. Perché, si sa, vincere aiuta a vincere. E successi come quello di Siena, con un entusiasmo e una sintonia tra giocatori e tifosi che non si vedevano da tempo, servono per creare le squadre. Dal doppio salto di Pjanic (panchina-campo e poi centrocampo-attacco), al rientro di Perrotta, dall’esplosione di Lamela e Marquinhos alla crescita di Florenzi e Castan. Nel mezzo di tutto questo un Totti che sembra essere tornato indietro di almeno una decina d’anni. Ecco allora che Zeman, grazie anche all’aiuto del club, ha puntato su una rosa corta, composta da una doppia alternativa per ruolo e da tre portieri. Oggi il tecnico giallorosso sa benissimo che i ventitré che ha alle sue dipendenze – tutti, tranne Lobont, hanno ormai almeno una presenza ufficiale – possono dargli ciò che chiede, sia dal punto di vista tecnico-tattico che da quello caratteriale. Tre portieri, otto difensori, sei centrocampisti e sei attaccanti. Con un’età media molto bassa (poco più di 24 anni) e un ventaglio enorme di soluzioni possibili nello schieramento tattico. Perché l’organico della Roma non è solo molto valido, ma ricomprende giocatori che possono giocare in diversi ruoli, fornendo all’allenatore la possibilità di scegliere in base a tutte le circostanze, dagli infortuni e le squalifiche fino agli impegni più o meno ravvicinati.
Fonte: Corriere Dello Sport