(F. Della Valle/A. Pugliese) – Avrebbero potuto giocare insieme, uno a destra e l’altro a sinistra, in un ideale tridente rossonero. Due estati fa, quando il Milan aveva appena investito sulla comproprietà di Stephan El Shaarawy, Adriano Galliani aveva messo gli occhi anche su Erik Lamela. Il gioiellino del River Plate però costava troppo, così l’affare rimase un sogno e la Roma ne approfittò. Erik e Stephan hanno in comune l’anno di nascita (1992), la classe cristallina e la capacità di stupire quando partono con il pallone tra i piedi.
Erik pupillo di Zeman Lamela è arrivato a Roma con l’etichetta del bimbo prodigio e le stimmate del campione. Pagato in tutto 20,26 milioni di euro (comprese tasse e commissioni varie), resta ancora oggi l’acquisto più costoso della Roma americana. E all’esordio (Roma-Palermo 1-0, 23 ottobre 2011) aveva fatto brillare gli occhi un po’ a tutti, con quel gioiello dopo soli 8 minuti su cui Tzorvas potè solo restare a guardare. Poi, invece, Lamela è andato ad intermittenza, alternando prove sterili a giocate sopraffine. Nel suo processo di maturazione, però, Erik ha chiuso la scorsa stagione in crescita, tanto da far sbilanciare in estate chi l’ha portato a Roma, Walter Sabatini: «Se Lamela non diventerà un campione, vorrà dire che io sono un asino e che dovrò cambiare lavoro». Aveva ragione il d.s. giallorosso, perché una volta nelle mani di Zeman, Erik si è affinato. «È un ragazzo di talento, ma ha il difetto di giocare spalle alla porta» disse il boemo nel ritiro di Riscone. Da allora sono passati sei mesi e Lamela quel difetto se l’è buttato alle spalle. Nato trequartista, oggi è una punta esterna di rara qualità. Zeman nel suo tridente lo fa giocare a destra, per sfruttare il dribbling e il taglio interno per calciare con il sinistro, il suo piede. E non è un caso che fino all’infortunio di Roma-Torino (caviglia destra k.o.) Erik fosse il migliore della Roma in assoluto. Non solo per i tanti gol (8), ma anche per le giocate (palla suolata, gesto che ha imparato giocando a calcio a 5) e la resistenza atletica (è sempre il migliore in ogni test fisico). L’unico difetto che gli resta, è la timidezza infinita. Ma a pensarci bene, ci si può passare sopra.
Stephan meglio di Ibra El Shaarawy è stato un colpo di genio di Galliani, che l’ha strappato all’amico Preziosi per 15 milioni. Fenomeno già ai tempi delle giovanili nel Genoa, era considerato troppo discontinuo e gracilino. A Milanello hanno lavorato sul fisico e anche sulla testa: Allegri il primo anno l’ha dosato e il ragazzo ha avuto il tempo per imparare e crescere. Poi con l’addio di Ibrahimovic il periodo di apprendistato è finito: El Shaarawy è diventato l’ombelico del nuovo Milan. I numeri di questa stagione sono impressionanti: 14 gol in campionato in 17 partite (più due in Champions). Meglio dell’Ibra rossonero. Trequartista, seconda punta, attaccante esterno: Stephan può giocare in tutte le posizioni, ma dà il meglio di sé quando parte largo a sinistra. La sua progressione è impressionante, quasi quanto la sua infallibilità sotto porta. Berlusconi lo adora, Allegri lo considera insostituibile ma fa di tutto per fargli tenere i piedi per terra. Stephan è sfrontato ma ha anche una bella testa. Ha capito che questo era il suo momento e l’ha sfruttato. Lamela ed El Shaarawy, ventenni al potere: chissà che cosa avrebbero potuto combinare con la stessa maglia…