(L.Valdiserri)- Venerdì pomeriggio Francesco Totti e Daniele De Rossi vanno a trovare Topolino e Paperino a Disneyworld, il parco giochi di Orlando, in Florida. Non è, però, una vacanza per famiglie. È la nuova frontiera del calcio, quella fatta non solo di partite e di gol ma anche (e soprattutto) di contratti promozionali, partnership e trasformazione di quello che era uno sport – ma non lo è più da molto tempo – in entertainment. Cioè divertimento a pagamento.
Si può ironizzare fin che si vuole sull’iniziativa della Roma nel parco della Disney e, sicuramente, dal punto di vista strettamente sportivo, un viaggio intercontinentale con sei ore di fuso orario per restare negli Stati Uniti solo cinque giorni e mezzo, fare qualche allenamento e un’amichevole con una squadra locale può sembrare una follia. Il 6 gennaio, tre giorni dopo il ritorno da Topolinia, i giallorossi dovranno affrontare il Napoli, al San Paolo. In caso di sconfitta, sentiamo già il coro irridente dei critici: non è così che si prepara una partita decisiva!
Il risultato sul campo è sempre la cosa più importante, ma, proprio per questo, le società calcistiche devono trovare qualcosa di meglio e di più della semplice prestazione sportiva. Per arrivare a grandi risultati le strade sono tre: 1) trovare un mecenate disposto a investire a fondo perduto cifre immense (Abramovich, El Mansour…); 2) avere alle spalle un colosso industriale; 3) costruire un circolo virtuoso tra territorio, pubblico e management che, nel giro di qualche anno, costruisca un calcio economicamente sostenibile, attraente da vedere (allo stadio o in tv) e con una forte connotazione positiva per gli eventuali sponsor. Il Borussia Dortmund, rinato dopo una situazione fallimentare, è un esempio tipico.
La tournée americana della Roma ha aperto le pagine del New York Times a due interviste, una al romanissimo De Rossi e una allo statunitense Bradley, che hanno portato il calcio italiano in un territorio abitato solo da basket, football americano e baseball tra gli sport di squadra. Prima della Roma era il Chelsea ad avere una partnership con la Disney e, si racconta sottovoce a Milanello, Barbara Berlusconi ha vissuto come una sconfitta personale che non sia stato il Milan – per tradizione e per «affinità di spettacolo» – ad arrivare per primo nella corsa a quel mercato.
Il libro «Il calcio ai tempi dello spread», scritto da Gianfranco Teotino e Michele Uva, edito da Il Mulino, cita tra i tanti un dato estremamente significativo. Nella stagione 2002-2003 il fatturato della Roma era di 132,4 milioni e quello del Barcellona di 123,4. Nel 2010-2011 erano diventati 143,5 e 450,7. Ecco cosa si intende per perdita di competitività.
In attesa dello stadio di proprietà, sul quale sono attese novità dal presidente James Pallotta, magari proprio a Orlando, la Roma ha cominciato a muoversi altrove. E chi sorride deve pensare che anche il presidente della Lazio, Claudio Lotito, un conservatore che usa più il latino dell’inglese, ha voluto fare la foto della squadra con il Colosseo come sfondo e l’ha riprodotto sulle maglie da gara (e in vendita). Tutto il mondo conosce Paperino e Topolino, ma il nome di Roma non è certo meno noto. Ecco perché metterli insieme è già aver vinto una partita.