(M. Calabresi) – La famiglia Papalia è da sempre proprietaria dell’ippodromo di Tor di Valle. Sin dalla prima corsa: 26 dicembre 1959, giorno del Gran Premio Apertura. «La fascia di rispetto dell’esondazione del fiume resta l’unico vero vincolo di questa area — dice Gaetano Papalia, amministratore unico dell’ippodromo —. L’aspetto positivo, però, potrebbe essere la possibilità di raggiungere l’impianto anche per via fluviale».
«Parnasi è stato intelligente a proporre un’operazione di questo tipo, così come l’advisor che ha lavorato per conto della Roma (Cushman&Wakefield, ndr) lo ha fatto con estrema specificità. Eravamo sicuri che fosse una delle aree più gradite, considerando la vastità, la vicinanza a Fiumicino e Raccordo e la scarsità di vincolistica».
Ha conosciuto DiBenedetto e Pallotta?
«No, ho sempre preferito defilarmi affinché il rapporto fosse triangolare tra costruttore, sindaco e società. Ma DiBenedetto prima e Pallotta di recente sono venuti spesso».
L’intesa con Parnasi era subordinata a un altro accordo.
«Abbiamo firmato un contratto di vendita a termine, subordinando la traslazione della proprietà alla sottoscrizione di un accordo di programma tra Parnasi e il Comune. Quello di domenica non può essere definito tale, ma quello di Alemanno e Pallotta è un impegno al quale è difficile immaginare passi indietro».
L’area circostante, però, andrà totalmente riqualificata.
«Lo stadio sarà un acceleratore urbanistico, ma non si può prescindere dall’eliminare le esalazioni del depuratore, dal creare una nuova uscita del Raccordo e dall’ampliamento della stazione di Tor di Valle e della via del Mare. Che, per i tanti incidenti, è soprannominata “via della morte”».
Quale futuro, invece, per l’ippica romana?
«Avevamo già in mente la delocalizzazione dell’impianto. L’area è stata individuata al Pescaccio: l’idea è quella di far sorgere un nuovo ippodromo, più piccolo ma più moderno».