(A. Austini) – Mezzora di corsa nei vialetti di Trigoria, poi altri trenta minuti su e giù per i gradoni. Zeman fa ripartire la Roma a modo suo dopo la sconfitta di Napoli: lo stesso metodo utilizzato in seguito al crollo di Torino con la Juventus, ma né allora né ieri è stata una punizione. Il lavoro duro resta la normalità per il boemo che non può certo mollare la presa proprio adesso. Domenica a Catania inizia il secondo capitolo della sua avventura e lui per primo sa quanto siano decisivi i risultati per non farlo diventare l’ultimo. È crudelema le cose stanno così: Zeman si gioca la Roma in un girone. Diciannove partite, più la Coppa Italia che quest’anno è un obiettivo reale, diranno sei lboemo sarà riuscito a far crescere davvero una squadra che ha bisogno di tornare grande in fretta. Se il campionato fosse finito domenica, la missione sarebbe fallita. La società è convinta di aver costruito una squadra in grado di rientrare in Champione e il livello mediocre delle avversarie rafforza questa convinzione.
L’Europa League è un traguardo minimo, quello che interessa ancor di più è la costruzione di una Roma capace di essere competitiva per il massimo traguardo in tempi brevi. Insomma l’indulgenza utilizzata con Luis Enrique, che se fosse di peso dalla società sarebbe rimasto nonostante i risultati deludenti, stavolta non ci sarà. Questione di feeling. Perché su diversi aspetti Zeman e la Roma continuano a viaggiare su binari diversi. Uno su tutti: la strategia mediatica. Non è un mistero che Baldini, con l’approvazione degli americani, preferirebbe che tutti i tesserati non parlassero mai degli arbitri. Il boemo, invece, non perde occasione per sottolineare i torti subiti in una stagione dove alla Roma nel complesso qualcosa è stato davvero tolto. Tutto questo non significa che la società stia già cercando un nuovo allenatore. Ma se i risultati saranno deludenti si sentirà costretta a prendere seriamente in considerazione l’ipotesi, nonostante abbia fatto firmare a Zeman un contratto di due anni come non era mai successo nella carriera del boemo. Tirare fuori i nomi adesso è materiale per il fantamercato.
L’unica certezza è che l’eventuale sostituto sarebbe un tecnico amante del gioco offensivo. Su piazza ce n’è uno che metterebbe d’accordo qualsiasi dirigente e tifoso al mondo: Pep Guardiola. La Roma ha davvero pensato al ui prima di accordarsi con Luis Enrique e ora che lo spagnolo ha deciso di rimettersi in carreggiata non può restare insensibile. I concorrenti sono praticamente imbattibili – tutte le big della Premier oltre al Bayern Monaco- ma in Italia non se ne vedono. Berlusconi, ad esempio, ha già abbandonato il suo sognodi vedere Guardiola al Milan. «Si sono fatte avanti delle società con dentro amici di antica data di Guardiola e noi abbiamo giudicato di non avere chance» ha detto lunedì notte. E se quell’«amico di vecchia data» dell’allenatore fosse proprio Franco Baldini?