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IL TEMPO Chi sale

Catania-Roma Lamela

(A. Austini) – Come i gol sbagliati da Destro, la formazione martoriata da infortuni, influenze e dalle scelte di Zeman che continua a voler sorprendere e molto spesso ha torto. Ma no, non bastava. La Roma ha deciso di farsi male da sola un’altra volta. Una caterva di occasioni sprecate nel primo tempo giocato solo in una metà campo, poi il black out totale dopo l’intervallo e il solito gol incassato in contropiede da una difesa che le prende da tutti.

Risultato: seconda sconfitta consecutiva, la terza nelle ultime quattro partite e l’ottava complessiva. La Champions se ne va, distante otto punti(sempre che al Napoli non gliene ridiano due), la Lazio sembra irraggiungibile col vento sempre a favore e i giallorossi si ritrovano al punto di prima (stessi punti di Luis Enrique dopo 20 gare), a riflettere su cosa è stato sbagliato e a sperare che questo incubo finisca presto.

A gennaio le prospettive si riducono alla difesa di un posticino nell’Europa dei poveri e una Coppa Italia da onorare. Mercoledì si giocano i quarti dove non si dovrebbe, a Firenze, senza Osvaldo, Lamela e forse Totti. Il capitano non ce l’ha fatta. Zeman lo aveva inserito nella formazione titolare di ieri ma durante il riscaldamento la fitta alla coscia gli ha consigliato di fermarsi. Un forfait pesantissimo, perché l’ultimo passaggio i suoi compagni lo hanno spesso sbagliato. Al resto ci hanno pensato Destro & Co., fallendo nel primo tempo almeno sei occasioni nitide.

Il giovane marchigiano è in crisi nera, sempre più scoraggiato: i suoi errori sotto porta, come a Napoli, hanno condannato la Roma. Clamoroso il gol fallito a porta vuota sulla respinta di Andujar, Bradley è riuscito nell’impresa di imitarlo, a quel punto la squadra ha capito che sarebbe finita male e si è arresa. Puntuale la condanna di Gomez, che dopo aver fatto impazzire Piris, ha segnato la rete decisiva in una ripresa giocata meglio dai siciliani. La Roma è rimasta negli spogliatoi. L’ottimo Marquinho in versione attaccante esterno si è spento, forse già proiettato con la testa in Brasile e Zeman ha deciso di inserire nel tridente un terzino, Dodò, unico a rendersi pericoloso nel finale.

Ma quel cambio è lo specchio di un’emergenza improvvisa e letale. Questa squadra non può rinunciare contemporaneamente alla classe di Totti e Pjanic, al senso del gol di Osvaldo e alla velocità di Marquinhos, costretto poi a entrare per Piris. Una risorsa in più, però, Zeman ce l’aveva e non lo ha utilizzata neppure un minuto. Per De Rossi è l’ennesima bocciatura che si può spiegare con la sua prestazione opaca di Napoli. Ma quando poi vedi Tachtsidis farsi passare da chiunque e sbagliare sin troppo, Bradley scarico e Florenzi che ce la mette tutta ma ha i piedi che ha, allora diventa obbligatorio interrogarsi. Il carattere della Roma, ieri, era tutto in panchina.

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