(F. Balzani) – Un bacio alla maglia, gli occhi lucidi e la fascia da capitano ripiegata e custodita gelosamente come cimelio della battaglia di Firenze. Sì perché la vittoria con la Fiorentina per De Rossi ha avuto un significato diverso, tanto da spingerlo a notte fonda a parlare ai microfoni a due mesi di distanza dalla batosta con la Juve. Allora come ieri il bersaglio da colpire è stato Zeman che in questi mesi ha tramutato il faro del centrocampo giallorosso a una luce a intermittenza da utilizzare nei momenti in cui a Trigoria cala il buio. Era accaduto nel derby (e quel giorno fu la lampadina di Capitan Futuro a fulminarsi), con il Milan e mercoledì con la Fiorentina dopo l’esclusione col Catania. «Se non gioca Pjanic, preferisco avere Tachtsidis», la giustificazione di Zeman che aggiunse: «Gli ingaggi faraonici bisogna dimostrare di valerli in campo».
Ultima frecciata nei confronti di De Rossi che all’uscita dal Franchi ha risposto per le rime al tecnico e anche a qualche tifoso: «Si è alimentato un tormentone senza senso, in 12 anni non ho mai mancato di professionalità. Per me, infatti, sentimentalismo e professionismo vanno di pari passo. Poi un po’ dispiace vedere che uno spicchio di tifoseria è cattivo, ha un po’ di astio e magari è stanco di vedermi dopo 11 anni. Così come dispiace non giocare, ma posso continuare a fare solo quello che ho fatto finora. Quando vado in campo a volte gioco male, ma non lo faccio apposta. L’importante è allenarsi bene, stare zitti e lasciare che parlino gli altri». Poi la stoccata: «Bella la sfida con l’Inter, ma non credo che giocherò all’andata visto che Pjanic è squalificato». Nessun disgelo quindi (anche se in treno di ritorno i due hanno scherzato sul modulo 3-4-3 utilizzato a Firenze). Ora c’è il triplo impegno contro l’Inter (domenica in campionato, mercoledì l’andata delle semifinali di Coppa Italia con ritorno il 30). Domenica torneranno Osvaldo e Lamela, ma non Totti. De Rossi? Dipende da Pjanic.