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GAZZETTA.IT Il nuovo record di Totti Andrezzoli è il 16° tecnico

Totti e Zeman

(F. Oddi) Per Francesco Totti – l’unico che Zeman non lo ha mai abbandonato, e lo avrebbe voluto anche per i cinque anni auspicati dal diretto interessato nell’ultima conferenza stampa a Trigoria – quella quella iniziata ieri è la 17ª guida tecnica.Gli allenatori sono uno di meno, visto che il boemo nella lista c’è stato due volte: è l’unico, a parte Ezio Sella (che il capitano lo aveva allenato anche nelle giovanili), traghettatore nel ’96-97, l’annata fallimentare di Carlos Bianchi (ultimo esonero, fino a sabato), con Nils Liedholm a fare da parafulmine, e nel 2004, una sola partita ma da unico responsabile, Real Madrid-Roma, tra le dimissioni di Rudi Voeller e quelle di Delneri.

EX COMPAGNI — Per due sole partite ebbe Vujadin Boskov, importante perché primo, quello che decise di farlo esordire a Brescia: quando lo chiamò, e gli disse di alzarsi ed entrare, il 16enne Totti rimase fermo, pensando che si rivolgesse all’altro attaccante seduto vicino a lui, che aveva cinque anni di più, e già qualche gol in prima squadra. L’altro era Roberto Muzzi, che ieri ha ritrovato sul campo: dal 2009 ha cominciato ad allenare nel settore giovanile della Roma, che ora lo ha piazzato come vice Andreazzoli. Gli era già capitato con Vincenzo Montella, suo compagno d’attacco – a parte i due prestiti, a Fulham e Sampdoria – dal ’99 al 2009, suo tecnico per 13 gare, dalle dimissioni di Claudio Ranieri (20 febbraio 2010, il giorno che la Roma si portò sul 3-0 a Marassi contro il Genoa e riuscì a perdere 4-3) a fine stagione. Si temeva che l’attuale tecnico della Fiorentina potesse venire schiacciato dal carisma e dall’amicizia con l’ex compagno d’attacco, le cose andarono diversamente: l’esperimento riuscì bene, tanto che in molti auspicavano una conferma di Vincenzino, che alla fine lasciò il posto alla scommessa Luis Enrique (che con Totti cominciò ponendosi molto male, salvo recuperare il rapporto in un secondo momento).

DUE GRANDI AMORI — Una vita prima era partito subito bene il rapporto con Carletto Mazzone, il tecnico che in tre anni da risposta romana a Domenico Morfeo (o erede di Giannini, nella prospettiva capitolina) trasformò Totti nella più grande speranza del calcio italiano, c’era qualche timore quando arrivò Zeman, con la sua fama di sergente di ferro che preferiva gli esecutori dei suoi schemi ai giocatori di talento. Totti si portava appresso quella del romano che il talento lo aveva, in misura maggiore rispetto alla voglia di lavorare, diventarono grandi insieme, smentendo cattiverie e pregiudizi. Con Capello arrivarono le vittorie, non certo l’amore, Prandelli e Voeller rimasero troppo poco per stabilire un legame duraturo, Totti e Bruno Conti erano una cosa sola, ma mancava la Roma. La ritrovò Luciano Spalletti, che allungò – cambiandola, di molto – la carriera del numero 10, facendogli vincere la Scarpa d’oro (dopo di lui, due doppiette di Messi e Cristiano Ronaldo) grazie all’intuizione di schierarlo prima punta, in un 4-2-3-1 che funzionava come un orologio. Che aveva tra i suoi principali artefici, il più importante dei suoi collaboratori, Aurelio Andreazzoli, quello che ora è stato chiamato a riprovarci da solo.

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