(V. Cerracchio) – Nella Roma accadono cose incomprensibili per noi umani. Per esempio che Osvaldo decida da solo di togliere aTotti il calcio di rigore che poteva valere il pari almeno momentaneo alla squadra e che avrebbe permesso al capitano di avvicinare a -1 la quota gol di un certo Nordahl. Come complicarsi la vita: perché poi quel pallone lo calci da pivello (o da supponente, fate voi) e ora hai mezza città che ti contesta e chiede rispetto. Perché di rispetto si tratta, specie per un leader riconosciuto.
Poi, certo, c’è dell’altro. Come sempre in una sconfitta. Andreazzoli all’esordio ha sbagliato tatticamente, aprendosi alle letali ripartenze avversarie. La difesa ha sofferto le svagatezze dei centrocampisti, Pjanic ha fallito un gol fatto e Lamela se n’è visto annullare un altro per doppio svarione dell’assistente che non ha visto il fuorigioco che c’era e segnalato quello che non c’era. Stekelenburg non è stato poi tanto più sicuro di Goicoechea. Ma del resto tutti erano consci in partenza che le responsabilità di Zeman fossero limitate rispetto a certi problemi cronici dell’insieme. Il nuovo tecnico sarà molto amato, per ora è chiaramente spaesato e certo neanche lui si aspettava che sul dischetto andasse il rigorista di riserva. I numeri dicono che la Roma farà bene a puntare il grosso sulla coppa, un trofeo che oltretutto varrebbe il ritorno in Europa.
Per noi umani è anche difficile capire, e ancor più giustificare, un gesto plateale come quello di Delio Rossi: per miracolo non ci è scappata una rissa generale a partita finita. Qualsiasi sia stata la provocazione di Burdisso, gli allenatori hanno tra gli altri l’obbligo morale di insegnare l’educazione in campo e fuori. La Samp ha giocato bene e vinto con merito: perché metterci il dito?