(Antonio Felici – Roberto Notarianni) La partenza di Zeman non è bastata: i giallorossi sprofondano ulteriormente in una crisi strutturale quanto sportiva. Sembra incredibile: la Juventus questo sabato rende visita alla Roma, ma nella città eterna in questi giorni quasi non si è pensato alla Vecchia Signora. Ma cosa ha potuto distogliere l’attenzione dei romani al punto da far loro quasi dimenticare la profonda rivalità coi Gobbi, i Gobbi come sono soprannominati dai loro rivali gli juventini? Le dimissioni del Papa? L’annuncio fatto da Benedetto XVI evidentemente ha monopolizzato l’attenzione dei media. Ma il tifoso giallorosso non dominerà il suo odio (dolce eufemismo) nei confronti dei bianconeri soltanto a causa della stretta attualità Vaticana. No, quello che assilla il popolo della Roma è la situazione della squadra. Nel momento in cui affronta i leader della classifica occupa un modesto nono posto, a sette punti dal primo posto utile per l’Europa League. I risultati dall’inizio del 2013 sono semplicemente catastrofici: due punti raccolti in sei giornate, la performance più bassa di tutte e venti le partecipanti alla serie A! Bisogna tornare indietro di quarant’anni per ritrovare un inizio anno così negativo: zero vittorie, due pareggi e quattro sconfitte. Nel 1973 la Roma dovette attendere ancora tre partite prima di ritrovare una vittoria (1-0 sul Torino). Che cosa accadrà oggi? Mancini, un vecchio laziale all’orizzonte. I giallorossi non hanno più alcuna certezza. Dopo aver esonerato Zeman il giorno dopo il rovescio (2-4) casalingo contro il Cagliari, è sotto gli occhi di tutti che quest’ultimo non era la vera causa profonda di tutti i problemi. Se il club romano ha la seconda difesa più perforata (45 gol incassati, 1,87 a partita), è certamente colpa anche del 4-3-3 molto offensivo e talvolta eccessivamente squilibrato di “ZZ”. Ma i dirigenti della Roma non l’hanno forse ingaggiato pur conoscendolo alla perfezione? Questo tecnico ha sempre seguito la stessa filosofia di gioco, gli stessi metodi e richiesto ai suoi giocatori gli stessi (enormi) sforzi in allenamento. Alcuni non li hanno accettati e avrebbero dovuto essere messi al bando dalla direzione della Roma. Ma non è andata così. Una grande parte del gruppo ha abbandonato Zeman, offrendo delle prestazioni non degne di giocatori di serie A, senza mai rischiare più di tanto. E Francesco Totti, totem della Roma e convinto sostenitore del “boemo”, è stato un po’ emarginato in seno alla squadra, come dimostra l’episodio di domenica scorsa a Genova (Sampdoria-Roma 3-1): Pablo Osvaldo ha, di sua iniziativa, scavalcato Totti per tirare un rigore che ha fallito in maniera penosa. Ancora più incredibile il fatto che il nuovo allenatore della Roma, Aurelio Andreazzoli, e alcuni giocatori (in particolare De Rossi) abbiano minimizzato l’incidente… Grattando un poco si comprende come tutto ciò sia molto logico: il gruppo non sopportava più la disciplina di Zeman e l’ha fatto andare via, spingendo per la scelta di un allenatore vicino ai giocatori. Tutto questo, dunque, senza che i dirigenti battessero i pugni sul tavolo. La dimostrazione eclatante che non c’è un vero pilota nell’aereo romano. E che il management all’americana agognato da tutti i giallorossi dopo l’acquisto del club dalla famiglia Sensi è soltanto un dolce sogno, malgrado l’arrivo di proprietari italo-americani (Di Benedetto, Pallotta…). Si è parlato molto di marketing e di costruzione di un nuovo stadio, ma poco di progetto sportivo. Più grave ancora, la Roma è divisa in due, da una parte gli uomini degli americani, dall’altra quelli del gruppo bancario Unicredit che ha spinto la vendita del club due anni fa e che ne detiene sempre una parte importante. Quanto alla gestione sportiva, questa è interamente nelle mani di Franco Baldini (direttore generale) e Walter Sabatini (direttore sportivo). Si deve a loro qualche operazione di mercato rischiosa e la scelta di ingaggiare Luis Enrique e poi Zeman, due tecnici che per condurre bene i loro progetti avrebbero avuto bisogno di un investimento e una coerenza che spesso hanno fatto difetto in seno al club. L’avvenire? Per il 2013-14 la stampa ha evocato le candidature di Blanc e Rijkard. I dirigenti, da parte loro, sembrano privilegiare la pista che porta a due allenatori attualmente occupati: Max Allegri (Milan) e Roberto Mancini (Manchester City). L’antica militanza di quest’ultimo nella Lazio, da giocatore e da allenatore, non promette certo di placare i tifosi che accusano i loro dirigenti di essere “autentici supporter della Lazio”.