Alessandro Daffina, amministratore delegato di Rothschild Italia ha rilasciato un’intervista in cui commenta le modalità di vendita dell’As Roma dall’era Sensi alla società statunitense.
Quali sono state le problematiche che avete trovato nell’individuazione di soggetti interessati all’acquisto dell’asset AS Roma?
“La problematica numero uno è stata la scrematura dei soggetti interessati. Il calcio attrae tutto e di tutto, soprattutto in Italia. Quindi, per una società come la Roma, che ha un bacino di utenza non di secondo livello, la preoccupazione maggiore era di non mettersi in una trattativa con soggetti che avrebbero potuto creare noie al processo stesso, per non parlare delle conseguenze negative sulla squadra. C’è stata grande attenzione, pertanto, su tutti gli interlocutori coinvolti”.
Che tipo di soggetti avrebbero potuto avvicinarsi alla trattativa?
“Soggetti che utilizzano una squadra per pubblicità, per pulire una immagine (o losca o poca chiara) o per esercitare un potere sul territorio”.
E questo rischio era reale?
“Sì, certo. Perchè sa quando si possiede una squadra come la AS Roma, con più di 2 milioni di tifosi, puoi avere un certo peso. Guardi, per esempio, il caso della famiglia Sensi. Persone perbene che hanno fatto delle scelte, giuste o sbagliate che siano, ma eravamo di fronte a persone corrette. Hanno anche pagato per queste scelte, ma se la famiglia Sensi fosse stata sostituita con persone poco chiare certamente il risultato non sarebbe stato positivo”.
Si sono avvicinati personaggi strani?
“I personaggi “strani” non si avvicinano mai direttamente, ma sempre attraverso intermediari. Sa quando vedevamo che l’intermediario era lo studio legale di un paesino è chiaro che faceva pensare subito male. Ma come non hanno la consapevolezza che non era il caso, tra prezzo di acquisto e costi di una gestione di una squadra di calcio? Magari in quei posti non c’erano neppure le risorse per muoversi su un’operazione così importante. In questi casi mi creda non abbiamo neppure risposto. La banca Unicredit è stata sempre molto attenta e non ha mai permesso che si avvicinassero personaggi poco credibili o inopportuni”.
Qual è stato il peso del mercato estero (in termini di soggetti credibili) in questa trattativa?
“Più o meno il 50%”.
Rotschild è una società di profilo internazionale. Molti addetti ai lavori speravano di vedere grandi società straniere interessate all’asset AS Roma. Perchè, a posteriori, questo non è avvenuto?
“La Roma, come qualunque altra società di calcio italiana, ha il problema del Paese. Oggi come oggi non c’è una crisi di investimento sulle squadre tricolori, ma c’è soprattutto una crisi di Paese. Un soggetto estero che vuole investire nel calcio italiano ti chiede una struttura dei costi sotto controllo ed una struttura dei ricavi equilibrata. Le componenti dei ricavi sono: biglietteria (ricavi da stadio), merchandising, diritti tv e sponsorizzazioni. Sui diritti tv non c’è nulla da dire, siamo tra i Paesi top (l’advisor della Lega per la serie A è il leader di mercato internazionale Infront, nda). Sul merchandising, per esempio, le racconto un aneddoto che ci ha coinvolto proprio con la famiglia Sensi”.
Ma la famiglia Sensi ha collaborato durante la fase di vendita?
“Sì, certo. Assolutamente. Ci hanno aiutato a venderla al meglio”.
Si spieghi meglio…
“Una volta ho criticato Rosella Sensi perchè i numeri delle magliette vendute della Roma non erano elevati. Mi rispose: Daffina faccia una prova. Giri tra le bancarelle vicino all’Olimpico. Vendono le magliette, ma non sono le nostre ufficiali. Se proverà a chiamare un vigile per bloccarle, si arriverà ad un nulla di fatto, perchè il merchandising non viene tutelato”.
Questo ha pesato sulla trattativa finale, e in che termini percentuali?
“Beh pesa! C’è da pensare soprattutto ai margini di manovra per un investitore interessato a un club di calcio italiano. Il merchandising pesa anche perchè non è protetto e non abbiamo potuto valorizzarlo in sede di trattativa, come avremmo voluto, con gli acquirenti potenziali”.
Fonte: insideroma.com