Ieri sera: con un occhio guardo le immagini che si rimpallano tra Parigi e Monaco di Baviera, con l’altro scorro le traduzioni, tutte, delle dichiarazioni di Pallotta da New York. Dice: che c’entra? Nulla, è proprio questo il problema. O, meglio, questa è la frustrazione, di certo non soltanto mia. Mentre sullo schermo scorrevano le evoluzioni di Robben, Ibrahimovic, Xavi, Ribery, Menez e compagni bella (e inarrivabile…), tacendo di Messi per non farci troppo del male e ricordando che qualcuno di questi in un’altra era ha deliziato anche i palati delle nostre latitudini mentre qualcun altro secondo qualche fantasioso teorema giornalistico sarebbe potuto approdare da queste parti, l’occhio scorreva le agenzie sul portatile o sul tablet di turno, accoccolati sulle ginocchia e docili come i tanti palloni addomesticati da una schiera infinita di fuoriclasse, soprattutto per quanto riguarda la gara tra PSG e Barcellona. Disney e la Volkswagen contro i dribbling di Lavezzi e gli assist monumentali di Dani Alves o Iniesta. Chi volesse vedere il bicchiere mezzo pieno, potrebbe sintetizzare il tutto dicendo che mentre il presente stava giocando a quei livelli il futuro si preparava per giocare: nelle parole di Pallotta gli oltranzisti del “progetto” (siano consentite le virgolette, non ironiche ma tuttora giustificate) hanno voluto leggere la posa delle fondamenta per un futuro radioso. Anche i sostenitori più entusiasti però si sono dovuti arrendere di fronte all’univocità della traduzione, per quanto riguarda un passaggio in particolare delle dichiarazioni newyorkesi: venti anni per riportare squadra e società ai livelli che competono loro. Venti anni. Ho evitato di informare mio nonno di suddetta tempistica, tanto per dirne una. A ben guardare, è stato il passaggio più circostanziato e di conseguenza meno vago nel novero delle dichiarazioni di James Pallotta; perché quello che sarebbe potuto risultare “incriminato” in quanto riguardante lo “sceicco” è stato in realtà una perifrasi per liquidare la questione senza assumersi un minimo di responsabilità circa la tragicomica vicenda e quello sulla stadio è stato un “j’accuse” ai dubbi esternati da una parte della stampa circa il “progetto” (aridaje…) del futuro impianto ma senza una minima indicazione su come le cose stanno procedendo. Forse conviene tornare a ragionare a breve scadenza, diciamo proiettandoci verso lunedì prossimo, per chi ne ha voglia e non diffida del quarto derby dell’era statunitense. La Curva Nord trarrà forse spunto dalle parole di Pallotta per uno striscione ironico? Non è una questione fondamentale, certo: è soltanto che ci piacerebbe offrire meno spunti, soprattutto in vista delle stracittadine, tutto qua. A questo punto non resta, che augurarci a vicenda di godere di ottima, salute, in prospettiva: l’attesa a quanto pare sarà lunga e io ho già finito le virgolette.
Paolo Marcacci