(M. Colombo) – Di quell’11 novembre ricorderemo la faccia tirata di Allegri,imbarazzato nell’analizzare i motivi del quarto (fino ad allora) k.o. interno del Milan.
Resterà negli occhi il rigore sbagliato di Pato che in quel giorno di autunno scrisse virtualmente la parola fine alla sua avventura rossonera. Ma soprattutto della sconfitta di San Siro con la Fiorentina del rampantissimo Montella non si dimenticherà il travagliato post-partita. Nella notte Silvio Berlusconi,rientrato da Malindi, convocò nella sua residenza milanese Adriano Galliani a cui manifestò l’intenzione di licenziare il tecnico, visto che il Milan aveva all’epoca solo 5 punti di vantaggio sulla zona retrocessione.
Non sembrava che l’allenatore avesse la squadra in pugno e soprattutto a furia di cambiare moduli e interpreti non pareva possedere la necessaria lucidità per invertire la rotta. L’ad rossonero, storicamente poco propenso ai cambiamenti, invitò al vertice lo stesso allenatore: Allegri entrò nella stanza da licenziato, uscì da confermato. Un girone dopo il mondo si è capovolto. E non solo perché il Milan ora è terzo in classifica, a due sole lunghezze dal Napoli, con la terza miglior difesa del torneo. Cinque mesi dopo, Massimiliano Allegri non è più un dead man walking. Ha acquistato posizioni (in classifica), credibilità (nell’ambiente), estimatori (in Italia). Ha la chance di riprendersi in mano il Milan, anche per il futuro, prescindendo dal contratto che lo lega alla società di via Turati fino al giugno del 2014. Piace a diversi club (sicuramente alla Roma, dove Franco Baldini è uno dei suoi più convinti sostenitori) ma la sua priorità è legata alla permanenza a Milano. A una condizione però: il rinnovo dell’accordo per evitare di essere di nuovo messo in discussione o delegittimato al primo refolo di vento. Galliani, che pure resta il suo più appassionato avvocato difensore, ripete: «Non si prolunga l’accordo a chi ha ancora un anno di contratto».
Quindi cosa succederà? Berlusconi, dopo essere intervenuto a proteggere il tecnico nei giorni della tempesta, ora è lontano anni luce dagli avvenimenti calcistici. Sbollita la delusione per l’eliminazione in Champions League, il Cavaliere—che su Allegri nutre comunque perplessità legate alla gestione delle gare europee—sta dedicando al momento tempo ed energie solo ai ben più importanti eventi politici. Ma un fatto è certo: Allegri può riprendersi il Milan se supererà indenne il trittico di partite che ora attende i rossoneri. Domenica Balotelli e i suoi fratelli affronteranno la Fiorentina (che ora è distanziata di 6 punti in classifica), la settimana dopo se la vedranno con il Napoli per lo scontro diretto per il secondo posto, mentre nel turno successivo troveranno la Juventus. Tra diciassette giorni si comprenderà se la crescita della squadra sarà concreta o se il Milan, incrociando avversari di spessore, avrà dei gap da colmare.
Ecco perché, se non è adesso il momento di fare bilanci, a fine aprile sarà invece possibile comprendere con maggior chiarezza se Allegri il prossimo anno sarà ancora il tecnico del Milan. Di certo ora serve concentrazione massima: è ciò che ha predicato ieri a Milanello Galliani che al trio delle creste (Balotelli, El Shaarawy, e Niang) non ha minacciato multe per la bravata del treno, ma ha chiesto atteggiamenti più professionali.