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IL MESSAGGERO Stadi e conti in rosso, la B meglio della A

Stadio Olimpico

(R. Avantaggiato) – Uno stato di saluto critico, ma con segnali di ripresa, quello del calcio italiano. Che continua a soffrire in termini di spettatori e indebitamente, ma lancia segnali confortanti. Lo evidenzia il Report Calcio 2013, che la Federcalcio ha presentato ieri mattina a Roma. Uno studio approfondito sulla produttività e i costi del mondo del pallone italiano, dalla serie A fino ai Dilettanti.

LA SERIE B DECOLLA – Il primo dato che emerge è la differenza di presenze sugli spalti registrata sugli spalti degli stadi di serie A e di serie B. La massima serie registra un calo del 6,5 % tra la stagione 2010-2011 e quella passata. Tendenza completamente opposta a quella della serie cadetta, che sotto la presidenza di Andrea Abodi ha fatto un grosso salto di qualità (basti pensare all’esperimento perfettamente riuscito delle turno di campionato giocato a Santo Stefano) crescendo nell’interesse della gente, con un aumento degli spettatori del 22,8 %. Un dato che può essere spiegato, per la serie A, anche con l’inadeguatezza degli stadi, che secondo il report elaborato dal centro studi della Figc, ha un’età media di 57 anni. E quindici dei 36 stadi che ospitano le partite di serie A, oltretutto, non hanno i requisiti medi per accedere alla categoria più bassa dell’Uefa.

AUSTERITY E CRISI – Il calo degli spettatori negli stadi incide, sia pure in minima parte, sui bilanci delle società, che continuano ad avere i conti in rosso. Il deficit complessivo della serie A ammonta infatti a 2,9 miliardi di euro, ma i segnali di una politica di austerità che in qualche modo paga, sono evidenziati dal fatto che i debiti nella scorsa stagione sono calati da 430 a 388 milioni, di cui 281 milioni sono stati maturati solo dalla serie A. «Qualcosa sta cambiando – fa sapere il centro studi della Figc, diretto da Michele Uva – perché è in atto una prima inversione di tendenza del calcio professionistico italiano». Merito dell’introduzione del fair play finanziario, che dal 2009 ha dato una svolta al sistema economico del calcio, che da quattro anni a questa parte ha una gestione economica più accorta, anche se continua ad avere costi di produttività molto elevati e saliti nell’ultima stagione del 4,9 per cento. Di contro, però, sale anche il valore della produzione (+7%) che per la prima volta supera quello dei costi. A fare da traino sono state le plusvalenze dei calciatori, pari a 537 milioni di euro.

CALCIO E TV – Nei bilanci delle società di A, se la voce ricavi da stadio incide soltanto per il 9 per cento (poco più di 186 i milioni incassati la scorsa stagione), quella derivante dai diritti tv continua ad avere un peso specifico notevole (43%). Le televisioni restano le maggiori finanziatrici del nostro calcio, di serie A soprattutto, ma anche di B, C e persino dei Dilettanti. Della ripartizione dei diritti tv, stabilita dalla Legge Melandri di cui si tornerà a parlare tra qualche tempo con l’avvio della nuova asta per il trienno 2015-2018, se n’è parlato in convegno a Firenze, sottolineando che il nuovo prodotto dovrà essere venduto per evento e non per piattaforma. «Ma è chiaro – ha però sottolineato il presidente della Figc, Abete – che una maggiore attenzione ai costi si può fare soltanto lavorando sui ricavi derivanti dagli stadi. e lo si può fare perseguendo il modello inglese e tedesco».

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